La parola al Teatro #45. Il soffio degli dei. Una lettura scenica di pura emozione

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Il soffio degli dei, la lettura scenica de Le Troiane di Lucio Anneo Seneca, fatta da un quintetto di attori capaci di condurre lo spettatore, con la loro voce, fin sulle rive del mare di Troia, è un bene per l’anima e per il Teatro.
Mariano Rigillo, Anna Teresa Rossini, Massimo RealeSilvia Siravo Barbara Giordano offrono questo bene con la semplicità e la potenza dei grandi attori di sempre.

Dopo la caduta della città di Troia, vinta dai Greci condotti da Agamennone, le donne della Città vengono assegnate tramite sorteggio agli alti ranghi dell’esercito dei vincitori.

Al dolore di Ecuba e Andromaca per la caduta di Troia e per il triste destino di deportazione in Grecia si aggiunge, annunciata da Elena, la drammatica richiesta di un doppio sacrificio umano: l’uccisione di Polissena, ultima delle figlie del re di Troia, e quella del figlio di Andromaca e Ettore: Astianatte. Soltanto il massacro dei due govanissimi principi consentirà alla flotta greca di avere venti favorevoli al ritorno in patria.

Le Troiane è una storia sulla condizione della donna e sulla guerra. Sull’esilio e sulla distruzione stati reali e occasioni che la storia e la cronaca replicano ogni giorno.

Ecuba, Andromaca e Elena narrano la potenza del dolore, l’oltraggio della schiavitù, la dignità dell’accettazione del destino, la necessità di farsi mano del fato, l’importanza di tramandare la storia. E lo fanno ciascuna a suo modo create dalla parola di tre attrici dalle caratteristiche diverse (potente nella sua scansione ritmica e nella partitura profetica, Anna Teresa Rossini, travolgente nel dolore e nella regalità calpestata Silvia Siravo, poetica nell’incarnare la causa del male che travolge i troiani, Barbara Giordano).

Agamennone, Ulisse e gli altri uomini, hanno la voce di Mariano Rigillo che scolpisce la storia e di Massimo Reale che gioca con la verità porgendola come se tutta la realtà fosse comunque incerta.

Una lettura, rispetto ad una messa in scena classica, nasconde sempre di trabocchetti.

Sembra più facile, ma è complessa perché ha bisogno di diventare teatro attraverso la voce, il gesto misurato, l’intenzione interpretativa.
In questo spettacolo la trasformazione si realizza non solo grazie alla tecnica attoriale, ma anche allo studio e alla sperimentazione del significato profondo del testo.

Sostenuta dalle luci, dai suoni di una spiaggia lontana, la parola si fa azione e significato dalle molteplici sfaccettature, capace di richiamare lo spettatore a rendersi conto che gli orrori della distruzione di Troia e della diaspora delle sue donne rappresentano un paradigma contemporaneo di ciò che resta: le macerie, ovvero ciò che si può – come ha detto Gian Luca Tusini nel suo saggio L’eredità delle Troiane nell’arte contemporanea – riplasmare, rimuovere,  commemorare.

E il Teatro può farlo rendendo sublime anche il tempo più terribile.

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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