Odeh Amarneh e la poesia contemporanea della Palestina. Difendere la Patria con la penna.

“Chi impone il proprio racconto eredita la Terra del racconto”. Sono parole di Mahmud Darwish, uno dei più grandi poeti palestinesi. Parole che spiegano come, solamente attraverso la narrazione di eventi e sentimenti personali o collettivi, un popolo che subisce ingiustizia da secoli come quello dei palestinesi, riesce a ricomporre la storia.

La letteratura, diventa allora una contro-narrazione, grazie alla quale il popolo colonizzato da oggetto della Storia riprende il suo ruolo di soggetto e riafferma la propria esistenza. La letteratura e, soprattutto, la poesia palestinese, non è molto conosciuta in Italia tranne alcuni nomi come, ad esempio, Darwish.

immagine per Odeh Amarneh

Per questo ha suscitato interesse il Premio internazionale poetico assegnato dall’Associazione A.S.A.S. di Messina al poeta e attivista culturale palestinese Odeh Amarneh.

Nelle sue poesie la contaminazione culturale è tangibile; nei suoi versi risuona l’eco di antichi linguaggi poetici dove spirito e materia si fondono in modo molto profondo e spesso metaforico. L’uso di parole, similitudini e immaginari che si rivelano in significati simili, ma diversi nelle due culture, riesce a produrre un racconto intarsiato, che suscita emozioni e provoca nuovi pensieri.

Di lui hanno detto che è un poeta originale, un poeta dall’animo sensibile. Che i suoi versi sono ricolmi di sentimenti profondi e in loro c’è una magica alchimia di parole capace di trasmettere emozioni forti.

Un premio per la poesia è un riconoscimento importante per l’autore, ma anche per il progetto culturale che lo distingue, parlaci di questo evento.

Quest’anno ho ricevuto il Premio Internazionale Poetico Letterario dell’ A.S.A.S. della città di Messina nella sezione in lingua straniera. Un premio importante, patrocinato dal Comune e dall’Università di Messina che ho dedicato alla mia amata Palestina e a tutti i miei cari.
Per me i premi rappresentano soprattutto il riconoscimento del poeta: non è facile essere un poeta riconosciuto. Sono stato molto felice anche perché sono stato il primo poeta arabo a ricevere questo premio.
Le poesie che ho scritto sono parte della mia esperienza personale. È un po’ come vedere premiata la propria biografia. Una grande felicità.
Un altro motivo di gratitudine e orgoglio è che, attraverso questo premio, la voce della Palestina riesce a partecipare all’universo poetico e a contribuire alla produzione culturale umana.
Le due poesie che sono state premiate Sulla strada di Lampedusa e Animo di viaggio sono entrambe molto importanti per me. Questa di Messina è un’affermazione che si aggiunge agli altri premi che ho ricevuto negli ultimi anni in Italia e all’estero.

 Cos’è per te la poesia?

Per me la poesia è un’arte, l’arte più alta che l’essere umano abbia saputo esprimere in tutti i tempi,  forse ancor più della musica. La reputo la forma più bella dell’arte.
Scrivere poesia significa essere capace di entrare nell’animo profondo di un’idea, di un sogno, di una persona.
Ma la poesia è anche un messaggio di vita. Il poeta è quasi come un profeta che porta un messaggio; un poeta, a mio avviso, può dirsi tale quando difende una causa e quando la diffonde.
La poesia, infatti, non è soltanto ritmo e musica, la poesia deve raccontare una storia, deve difendere la bellezza, la patria la natura. Trovo che troppi scrivano “aria fritta”, testi di cui non si capisce il messaggio. Il poeta, io credo debba essere una persona coinvolta nella società, capace di raccontare con poche parole qualcosa di enorme.

Tu che sei considerato un  “poeta dell’intercultura”, un autore che ha visuto in pieno fra due culture, quando hai cominciato a scrivere poesie?

Ho sempre prediletto la poesia e la letteratura perché tutta la mia famiglia ha sempre amato e praticato la letteratura. Ho alcuni parenti scrittori, altri poeti e credo di aver ereditato questa passione fin da piccolo.
Ma non è stato solo il background familiare a far crescere in me l’interesse per la letteratura, ma anche l’ambiente palestinese legato alla resistenza.
Ho scritto le prime poesie all’Università, ma non ho mai avuto il coraggio di farle conoscere e non ho mai pubblicato niente. Anzi, di quei primi lavori ho buttato via tutto.
Negli ultimi anni, poi, ho tradotto due opere teatrali e due libri di poesia dall’arabo all’italiano e due libri di poesia dall’italiano all’arabo.
Questo lavoro mi ha stimolato e ha accresciuto la mia voglia di scrivere, finché ho cominciato a scrivere poesie per la mia patria, per mio padre che non c’è più e molte poesie d’amore: i tre temi che mi sono particolarmente cari.
Con molta modestia sto cercando di sviluppare le mie capacità, sto imparando e anche se tanta gente apprezza le mie poesie, non smetto mai di lavorare per migliorare le mie capacità creative e anche quelle linguistiche, visto che l’italiano è la mia seconda lingua.

Quali sono stati i tuoi maestri?

Io penso che la poesia debba riflettere i sentimenti di una persona, un’esperienza vissuta o sognata, qualcosa che si desidera per te e per gli altri.
Per questo è necessario che ogni poeta abbia la sua voce e il proprio stile anche quando è influenzato da altri… Personalmente amo i poeti che hanno avuto una vita piena di esperienze, battaglie e avventure. I poeti che hanno portato un bagaglio sulle spalle ed hanno combattuto per le proprie idee.
Spesso di un poeta più dei suoi testi mi affascina la vita che ha vissuto. Purtroppo vedo spesso poeti che non hanno storia, scrivono facendo un minestrone di parole, oppure che scrivono solo per cercare di vincere premi.
Per rispondere alla tua domanda, mi viene in mente il Cile e il suo poeta Pablo Neruda che ha detto “la poesia è la mia unica arma”, oppure mi viene in mente quel brano dell’ultima poesia che Federico Garcia Lorca declamò poco prima della sua fucilazione, durante la guerra civile di Spagna nell’agosto del 1936, davanti a un plotone d’esecuzione fascista: “Cos’e ‘ l’uomo senza libertà, Oh! Mariana dimmi come posso amarti se io non sono libero, dimmi come posso offrirti il mio cuore”.
Come palestinese, inoltre, sono stato molto influenzato da Mahmoud Darwish, Samih al Qasim, Tawfiq Ziyad e da molti altri. Infine, sono affascinato dalla cultura italiana, molte poesie le ho scritte direttamente in italiano , perché l’Italia è diventato il mio secondo paese, mi sento un po’ italiano e dell’Italia ho amato molto i poeti antichi.

Cosa significa raccontare attraverso la poesia una terra come la Palestina?

Per me la poesia nutre la speranza e il sogno; rafforza la cultura e l’identità di un popolo.
Nel nostro caso questa cosa è molto importante perché stanno cercando di cancellare la cultura palestinese e, dunque, dunque, la poesia diventa una dei modo per conservare la memoria individuale e quella collettiva.
La poesia è molto presente, sentita e apprezzata dal popolo palestinese; ha sempre avuto un ruolo nella lotta e nella resistenza, nella creazione di una visione per il futuro e per trovare la forza di andare avanti. Potrei dire che la Palestina è la terra dei poeti.
La poesia, inoltre, affronta la falsificazione della verità che scrivono i vincitori. Non a caso la letteratura della resistenza è nata in Palestina e nel mondo arabo perché la causa palestinese e la sofferenza, da quasi cento anni hanno sempre avuto una forte presenza nella produzione letteraria del nostro popolo.
Questa letteratura è stata capace di documentare eventi del passato, del presente e del futuro. Tante poesie sono state cantate e queste canzoni hanno accompagnato i palestinesi verso un mondo diverso, verso la vittoria.

I palestinesi sono molto legati alla loro terra e la poesia è uno strumento di lotta. Perché spesso una poesia può essere è più forte di un’arma o di un discorso politico poiché sa raccontare qualcosa di potente e profondo in pochi versi. I temi sono ricorrenti: l’amore per la patria che si fonde con quello per l’amata.

E poi ci sono tutti i poeti in esilio, quelli che non possono tornare in patria. La loro poesia è segnata dalla nostalgia della terra che non hanno mai visto. I poeti dell’esilio, giovani e meno giovani, scrivono soprattutto il loro sogno di ritorno alla terra degli avi per avere un futuro diverso. E la poesia diventa il loro rifugio.
Jabra Ibrahim Jabra sosteneva che “tutti i palestinesi sono per natura poeti. Forse non scrivono poesie, ma sono poeti, perché conoscono due cose importanti: la bellezza della natura e la tragedia. Chi associa queste due cose non può che essere un poeta”.
Io, nel mio piccolo, mi sento in dovere di contribuire a questa bellezza. La poesia è anche resistenza. La patria si può difendere con qualsiasi mezzo: io ho scelto la penna.

Un poeta può cambiare le cose, gli stati d’animo, la società. Come vivi questa capacità di poter stimolare, immalinconire, divertire, innamorare, far pensare…?

Non è facile rispondere a questa domanda: secondo me è difficile che la poesia possa cambiare il mondo perché la poesia è metafora, simbolo, ritmo e musica di una specifica lingua. Eppure la poesia è capace di fare la differenza in un mondo pieno di guerre dove il più forte sopravvive spesso in modo ingiusto.

Un mondo di fucili e areoplani telecomandati dalla tecnologia, infatti, fa un rumore molto più forte della poesia, purtroppo.

Spesso sento dire che i poeti sono chiacchieroni incapaci di cambiare le cose ma non trovo che questo sia vero perché la parola ha la sua potenza e il suo impatto. La potenza della parola è indescrivibile. Le parole sono impronte indelebili. Noi passiamo ma le parole rimangono. Le rivoluzioni, ad esempio, iniziano con le parole.
Il silenzio, invece, non può fare la differenza. Il silenzio significa morte, mentre la poesia è la vita.
La poesia, inoltre, ha sempre avuto un ruolo anche nella creazione della pace fra i popoli. La capacità di trasformare la rabbia di un popolo in un canto è di per sé una forza.
Noi palestinesi siamo stati capaci di trasformare la nostra rabbia in un canto, abbiamo cantato le nostre delusioni, le speranze, la libertà mancata…

Quali sono i tuoi prossimi progetti culturali?

In questo periodo sto dando gli ultimi ritocchi per pubblicare la mia prima silloge poetica che si intitolerà “Non era amore”.
Inoltre sto scrivendo un romanzo iniziato durante il lockdown. Ho approfittato di questo tempo sospeso per scrivere un romanzo che nasce dalla mia esperienza di quando ero molto giovane: la mia vita in Palestina, compreso la mia dura esperienza in prigione da piccolo, un’esperienza che hanno visouta e ancora vivono miliaia di ragazzi palestinesi. Il titolo sarà “Storia di un ragazzo di serie B”.
Contemporaneamente sto preparando il viaggio in Palestina di una delegazione di poeti, editori, artisti e giornalisti del mondo della cultura italiana. Il viaggio era previsto per lo scorso maggio ma è stato rimandato ad aprile del prossimo anno. Lì incontreremo ufficialmente la realtà letteraria palestinese.
Infine sto per iniziare un’antologia di poeti italiani tradotti in arabo che sarà pubblicata in Palestina.

immagine per Odeh Amarneh
Odeh Amarneh

 

Sulla strada per Lampedusa

Sulla strada per Lampedusa…di sera,
dove una barca storpia trascina uno sciame di stelle,
cuori esausti,
occhi vigili,
la bussola dorme,
soltanto un amuleto di mia madre è sveglio
e la misericordia di Dio e il destino,
ma i sogni fioriscono sale.

Sulla strada per Lampedusa… al mattino,
le farfalle si lamentano come gli asini,
i galli strillano bestemmie e insulti,
e le onde si gonfiano come la testa di una puttana.
Sulla strada per Lampedusa… sempre,
il sole e il mare diventano briciole di pane secche,
L’amore, le rose e le mappe perdono di significato.

Sulla strada per Lampedusa
Gli scafisti diventano cuochi
e invitano gli assetati del deserto a un banchetto d’acqua per una volta sola,
così finisce la festa,
e le rose rosse diventano una corona per i morti
sulla strada per Lampedusa.

Lampedusa questa mattina
Il mare giallo, tranquillo ma maligno
ha appena gettato le sue vittime come il pesce marcio
è andato a dormire
sta pensando a un altro pasto
un pasto che diventa una notizia serale.
Confusione nel porto
Lampedusa sovraffollata dalle buone intenzioni, turisti
aerei e angeli nell’aria e diverse lingue e dialetti
veicoli militari, guardie di frontiera, telecamere di sorveglianza, polizia e giornalisti.
Fatti amari e istituzioni di beneficenza
politici alla ricerca di voti …
Odore di incenso con le preghiere fresche in tasca
Le ambulanze, medici e infermieri
cimitero di sognatori e barche distrutti
Sacchetti neri di plastica
Esperti di Antropologia e tartarughe malate
Una donna che cerca suo figlio di fronte un semaforo spento

Lampedusa una principessa questa mattina
prima di sognarla o parlare con lei
Venite a toccare il suo cuore
Forse ti amerà
forse ti maledirà

 

La mia patria

La mia patria è una ferita aperta da mille anni
inchiostro caldo che scrive con dignità
una bella e triste melodia
Manda in estasi la coscienza ingannevole del mondo
Fa cadere lacrime di coccodrillo

La mia patria è un cavallo purosangue
che ha dato un nuovo senso al significato della pazienza
Cavalca con il vento su una strada impervia
E non arriva … arriverà

Resiste e sopporta gli schiamazzi e gli scherzi del mondo
E ci ride sopra
La mia patria è la densità della pazienza… lo stesso colore… lo stesso sapore
La mia patria un milione di amanti… un milione di sognatori

Vogliono che la mia patria sia un pallone ottagonale
Calciato da un bambino viziato…
Per far ridere Le scimmie e porci.

 

Animo di viaggio.

Oh viaggiatrice di Dio!
Oh raggio di sole!
Metti il mio cuore nel tuo bagaglio,
io ti regalo le mie ali!

Metti un fiore e un libro d’amore
mi trovi nei fogli.
E quando entri in una chiesa
accendi una candela
così Allah o Dio ci perdona per le cose che non abbiamo fatto!

Accendi una candela
mi vedrai nella fiamma
sarò la luce che ti accompagna.
Accendi una candela per trovare la strada.
Prega per noi… non esitare …

Una preghiera NON porzionata!
Profonda e completa!
Prega fino all’estremo!
Perdona la nostra sorte crudele che ci ha tolto il buongiorno!
Onora il nostro animo iniziale e gli ultimi tempi che abbiamo riso!

Auspico che il nostro cammino sarà meno doloroso,
con la benedizione dell’acqua di Zam Zam o dell’acqua di Lourdes
io sarò felice…
Buon viaggio!

 

Odeh Amarneh nasce nel 1976 a Yabad, paese vicino Jenin nel nord della Palestina, vive e lavora a Roma. Nel 2015 ha conseguito il Dottorato di ricerca presso facoltà di lettere e filosofia dell’università di Roma la Sapienza.  È membro dell’Unione generale degli scrittori palestinesi. Poeta traduttore e attivista nel panorama culturale, scrive in lingua Araba e Italiana, ha relazioni con scrittori, associazioni culturali e artistiche, in Palestina, in Italia, in Europa, nei Paesi arabi e nel Mediterraneo.
Ha organizzato e coordinato numerosi eventi culturali, mostre e proiezioni di film. Ha organizzato scambi di delegazioni internazionali di poeti, editori, scrittori e intellettuali.
Ha scritto, tradotto e pubblicato molti articoli sulla stampa italiana e palestinese.
Ha tradotto in arabo e pubblicato diverse opere italiane e ha tradotto e pubblicato diverse opere palestinesi in Italia.
Negli ultimi anni ha ottenuto 5 premi letterari in Italia e in palestina e al estero.
Alcune delle sue poesie sono state tradotte in inglese e, a breve, in spagnolo e francese.

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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