Interrail. A Crasthtest Festival i suoni d’Europa viaggiano su rotaia

I trentenni di oggi si sono visti affibbiare numerose etichette. La più fortunata è forse quella di “Generazione Erasmus”. Nati in un mondo ormai globale, il viaggio era per molti irrinunciabile. Spingere lo sguardo il più lontano possibile dal luogo in cui erano nati, assorbire culture differenti vivendoci dentro, anche soltanto per un periodo di tempo limitato, li ha resi diversi dai loro padri. Incapaci di sentirsi figli di un solo luogo e contemporaneamente capaci di abbattere le barriere fra loro, siano esse linguistiche o culturali.
Le possibilità però non contemplavano soltanto l’Erasmus. Gli amanti del viaggio per il piacere di viaggiare, possono caricarsi uno zaino in spalla, andare in stazione e iniziare un viaggio interrail, scoprendo il mondo lungo le rotaie. Lo sguardo dei viaggiatori di ogni giorno attribuiva volti di alieni a questi giovani con molte avventure da raccontare e un luogo lontano a cui tornare solo dopo lungo tempo.

È così che la compagnia pisana Frequenze Alfa Teatro sceglie di coniugare il tema degli Alieni nel primo degli spettacoli in concorso a CrashTest 2017, Interrail. Un incontro sei ragazze su un Interrail che, seguendo il corso del Danubio prima e del mare poi, le trasporta attraverso l’Europa. Aliene l’una all’altra, nessuna di loro parla la stessa lingua, eppure sanno capirsi, trovarsi, legarsi e dare corpo insieme a uno spettacolo concerto che tratteggia il Vecchio Continente attraverso la sua musica.
Le sei attrici, Alice Casarosa, Greta Cassanelli, Carolina Cavallo, Valentina Grigò, Ilaria Orselli e Irene Rametta, sono anche dotate cantanti, e tratteggiano i Paesi attraverso i quali corre il loro treno cantandoli. In alcuni si concedono una pausa, ad altri riservano pochi secondi, come uno sguardo fuori dai finestrini.
Il regista Stefano Filippi si assume l’onere di ricucire la trama di suggestioni eterogenee, che tengono insieme le canzoni tradizionali dell’est Europa, il catalogo delle donne di Don Giovanni e canzoni più note degli ABBA e dei Beatles.
Ne emerge un percorso fluido, come le vie d’acqua che lo innervano, dal quale vengono esaltate le specificità del Vecchio Continente mentre riesce ad abbattere i muri.

Non soltanto i luoghi, ma anche il tempo si fa oggetto del viaggio. C’è spazio anche per un excursus lungo la storia, che dal mito di Zeus ed Europa va a finire, passando per la guerra e il rinascimento, in una surreale sfilata di moda che ostenta il marcio del BelPaese, da Mani Pulite alla P2.
È infatti l’ironia la cifra sulla quale si regge l’intera costruzione. Nonostante finisca a tratti con il dimostrarsi una soluzione facile, che scivola nello stereotipo, riesce a funzionare e a coinvolgere e divertire un pubblico che non può che apprezzare l’intento di divertire. Lo spettatore viene convolto il ritmo mai calante di uno spettacolo che sostiene la levità dell’intrattenimento – che appare il primo obiettivo – con solide basi di ricerca e tempi studiati accuratamente, scanditi da una girandola di cambi d’abito rapidissimi, e apparentemente senza fine. Una costruzione che rende visibile ciascun passaggio e risulta efficace grazie a una precisione non scontata.
Una corsa che parte e torna nello stesso luogo, in ciò che si conosce, ma passando attraverso tradizioni curiose, come i canti georgiani di dissonanze e quarti di tono, o le voci polifoniche con cui il popolo Sami del nord Europa accompagna il proprio lavoro.

C’è spazio per tutto quello che può essere ritenuto caratteristico, in questo denso insieme ipercitazionista, e caotico senza mai risultare confusionario, che riunisce i linguaggi. In bilico tra teatro, cabaret, teatro danza e musical, sfiora tutto e tutto suggerisce. Lasciando a chi osserva la scelta di che cosa infilare dentro al proprio zaino di viaggio e riportare a casa, una volta sceso dal treno.

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Nata (nel 1994) e cresciuta in Lombardia suo malgrado, con un' anima di mare di cui il progetto del giornalismo come professione fa parte da che ha memoria. Lettrice vorace, riempitrice di taccuini compulsiva e inguaribile sognatrice, mossa dall'amore per la parola, soprattutto se è portata sulle tavole di un palcoscenico. "Minoranza di uno", per vocazione dalla parte di tutte le altre. Con una laurea in lettere in tasca e una in comunicazione ed editoria da prendere, scrivo di molte cose cercando di impararne altrettante.

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