Bookcity #4. Mindscapes. Il linguaggio dei paesaggi della mente secondo Vittorio Lingiardi

Vittorio Lingiardi, Mindscapes – Psiche nel paesaggio

«Ci vogliono parecchi luoghi dentro di sé per essere sicuri di essere se stessi». La relazione tra psiche e linguaggio è nota, e porta con sé quella tra psiche e letteratura. Ma in quale misura la nostra psiche si relaziona col paesaggio?

Se lo è chiesto il celebre psicanalista Vittorio Lingiardi: ne è nato un libro, presentato a Bookcity con il sostegno della lettura di ampie porzioni dalla voce musicale di Sonia Bergamasco, e l’introduzione di Liliana Rampello.

Fin dal titolo Lingiardi a suo modo crea: definisce infatti il saggio, edito da Cortina: con un neologismo: Mindscapes.

Paesaggi della mente, i nostri luoghi il rapporto con i quali «non si esaurisce con lo sguardo, ma implica il corpo».  Una relazione fisica con lo spazio, non solo in termini di confine, che «diventa strumento di identità» non soltanto in termini di confine, ma di paesaggio stesso.

Sono due le consapevolezze, spiega Lingiardi, da cui si muove la nostra relazione coi paesaggi: in primo luogo «siamo inseparabili dai nostri luoghi», che contribuiscono a definirci. E che pertanto devono essere tanti, costituire una sorta di museo.

Tuttavia muoversi all’interno dei paesaggi non è semplice: perdersi è facile, e può essere positivo, ma per contro è semplice non comprendere ciò che, dentro e fuori della psiche, ci si apre davanti.

Per questo «per entrare nei paesaggi ci vuole un’educazione». A scriverlo non è più Lingiardi, ma Rainer Maria Rilke. È questo infatti lo strumento che Lingiardi sceglie per farsi educare e guidare nei paesaggi: la letteratura, la poesia. Il linguaggio che risuona come patrimonio della nostra psiche.

Territorio, quello poetico, in cui Lingiardi si muove con disinvoltura, essendo a propria volta anche poeta. Sceglie quindi uno strumento a lui prossimo per avvicinarsi a un ambito, quello del paesaggio, che gli è estraneo. Affastella in una prosa curata e letteraria citazioni e rimandi letterari, che a loro volta chiariscono lo stretto rapporto tra letteratura e mondo fisico.

È ancora Rilke  a chiarire che «i versi non sono sentimenti, come molti credono, sono esperienze» che producono ricordi, che a loro volta non si possono trasformare istintivamente in materia poetica ma devono essere dimenticati e poi attesi. Torneranno, al momento del bisogno, quando «diventeranno sangue».

Il paesaggio di cui parla Lingiardi, quindi, non deve essere bello, ma produrre pensiero. Inutile però cercare nelle pagine una mappa esatta. Spiega Rampello che i saggi  sono un «cercare», non esauriscono un problema.

Così quello di  Lingiardi altro non è che un continuo movimento: tra interno ed esterno, verticalità del tempo e orizzontalità dello spazio. Quello delle immagini si fa così un nuovo alfabeto, origine di un altro linguaggio che procede dalle passioni private dello psicanalista concatenando ambiti. Lingiardi è convinto di aver scritto una «autobiografia per affratellamenti».

Mindscapes però non racconta solamente lui, ma nella sua evocazione permette a ciascuno di tracciare la propria geografia, la mappa della propria esistenza.

Nel suo essere, sintetizza Rampello, «disordinato rigoroso» Lingiardi insiste sulla immersione col corpo nel paesaggio.

Ovvero quello che Zanzotto chiama «paesagìre». Conoscere il paesaggio, infatti, «è saper stare al mondo».
La mappa tracciata dal saggio è diversa, eppure ritrova, dice, ciò che fanno tutte le mappe: «sbarrano la strada a realtà aggressive, disegnano un mondo che non è questo mondo».

Mondo che è anche la nostra psiche, la città che è dentro ciascuno e anche per questo manca nelle pagine. Sul piano della psicoanalisi, ciò che interessa all’analista è creare uno spazio procedendo per svuotamento, per creare un giardino. Che la lezione psicoanalitica vuole ritorno all’Eden, luogo di varietà.

Una riflessione su spazi e luoghi che non approda alla definizione di un limite, ma anzi li annulla.

Perché è proprio immergendosi negli spazi dentro di sé per una vita che si può giungere dove dice di essere arrivato Lingiardi: a capire che «l’orizzonte non esiste».

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Nata (nel 1994) e cresciuta in Lombardia suo malgrado, con un' anima di mare di cui il progetto del giornalismo come professione fa parte da che ha memoria. Lettrice vorace, riempitrice di taccuini compulsiva e inguaribile sognatrice, mossa dall'amore per la parola, soprattutto se è portata sulle tavole di un palcoscenico. "Minoranza di uno", per vocazione dalla parte di tutte le altre. Con una laurea in lettere in tasca e una in comunicazione ed editoria da prendere, scrivo di molte cose cercando di impararne altrettante.

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