The hate u give. Cosa significa essere neri oggi

Starr è un’adolescente afroamerica, che cresce nel ghetto di una metropoli americana (forse Jackson, Mississippi, la città del’autrice Angie Thomas), e da lì cerca la sua strada. Cerca di costruirsi un futuro, che i suoi genitori vorrebbero diverso: per questo motivo l’hanno mandata a  scuola tra i bianchi, ricchi, nell’America colta e WASP, dove le lotte tra gang del quartiere dove vive le conoscono forse soltanto attraverso le serie televisive.

Così Starr vive in equilibrio tra due mondi, e deve scindere e sdoppiare personalità, volto, atteggiamenti. Trovare, per ogni luogo, la maschera adatta. Una sfida che molti adolescenti conoscono bene, ma che per lei  assume connotati molto più rischiosi. Lo scoprirà a sue spese una notte, prima di una festa, quando un poliziotto uccide Khalil, il suo migliore amico,  e le voci, sui giornali e fra la gente si rincorrono: Spacciatore, soggetto pericoloso che si è cercato la sua sorte.

Solo Starr era presente, solo lei sa chi era davvero Khalil. Ma la ragazza vive in un contesto che le ha già spiegato come deve agire, cosa deve aspettarsi, cosa significa avere la pelle nera. Sa che parlare significa rischiare la vita: davanti alla polizia, che protegge un proprio uomo, e davanti alle gang, di cui suo padre, Big Mav, aveva fatto parte. È intorno a questa storia che si articola The hate U gave, pubblicato da Giunti.

Un innovativo e potente romanzo joung adult che si assume  il compito di trasportare i ragazzi a cui è rivolto, con un linguaggio fresco e capace di toccare direttamente le loro corde, nelle realissime vicende una loro coetanea che fa, spiega Jacopo Cirillo, «una vita “normale” ma diversa per noi», che pure conosciamo quei codici per come la rappresentano le manifestazioni culturali, dalla musica alle puntate di Netflix.

Eppure, con un linguaggio fresco e giovanile, ideale per fare presa su di loro, la prima persona del romanzo forse per la prima volta riesce a far vedere, prendere coscienza direttamente ed empaticamente di cosa significa vivere dentro quella realtà.

L’importanza di  una storia simile è più che mai evidente nel giorno in cui, mentre a Tempo di Libri si svolge questa presentazione, a Firenze hanno luogo i funerali di Idy Diane, morto «come il protagonista: soltanto perché è nero».

Igiaba Scego, scrittrice afro-italiana, sa bene  quanto questo romanzo non sia soltanto un efficace spaccato sulla periferia statunitense. Conosce sulla propria pelle quanto questo il discorso sul corpo, sulla rappresentazione sia urgente anche in Italia.

Conosce anche cosa significa trovarsi, come Starr a scegliere se andare contro la propria comunità o le aspettative di ascesa, dove ci si può sentire a casa in una identità doppia, in cui si è nera tra i bianchi e traditrice tra i neri in cui si è scissi tra le proprie radici e il bisogno di passare, di somigliare all’altro, di non essere visibili.

Quello della Thomas è un libro sulla scelta, una vicenda che grida forte al presente e lancia, a suo modo, un atto di denuncia, spiega la Scego: del «rimosso storico della schiavitù». Ma è, più in generale, anche un romanzo di corpi, dove a prendere spazio è «la violenza fatta al corpo nero che da chi lo vedeva straniero radicale» . Da chi pensa che il corpo nero vale meno.

Storia di oggi, ma non solo: Giacomo Valent, figlio di un diplomatico somalo,è stato ucciso dai compagni di classe con sessanta coltellate nel 1985. Questo libro, spiega Scego, è prezioso perché «dà il peso di cosa succede al corpo altro» portatore di ogni forma di alterità, e riporta al centro l’importanza  la parola, che, come la Scego dichiara di aver imparato da Malcom X, «crea un’identità forte», da cui il bisogno e la paura di parlare. E il coraggio, perché «a volte va tutto male l’importante è non smettere».

In piena coscienza della natura inevitabilmente meticcia di ogni persona, Angie Thomas parla di un vivere tra due mondi, riprendendo  una costante della letteratura afroamericana, così come lo è l’elite che vuole distinguersi ma che davanti all’odio, sia di un poliziotto o di un uomo comune, si scopre nelle stesse condizioni di quelli che vuole ripudiare.

E allora, è necessario ripudiare chi si è per andare avanti? Eppure anche questa è una risposta alla discriminazione, come lo è, dice la Scego, l’attualità: «La fascinazione  di giovani figli di migranti per Casa Pound è figlia del rispondere alla non accettazione, a cui sono spinti a rispondere volendo diventare classe egemone, fino all’estremismo.

In un Paese che «si sta trovando sommersa dall’odio verso l’altro», e la cui tradizione si compone di figure nere molto statiche, questo libro così dinamico  mette in crisi questa staticità, Lo fa tramite una apologia dell’istruzione e della cultura di cui si fa esso stesso strumento: «il razzismo è sia manifestazione che proiezione di ignoranza», e sono i libri il primo mezzo per aprire e sostenere un cambiamento possibile.

+ ARTICOLI

Nata (nel 1994) e cresciuta in Lombardia suo malgrado, con un' anima di mare di cui il progetto del giornalismo come professione fa parte da che ha memoria. Lettrice vorace, riempitrice di taccuini compulsiva e inguaribile sognatrice, mossa dall'amore per la parola, soprattutto se è portata sulle tavole di un palcoscenico. "Minoranza di uno", per vocazione dalla parte di tutte le altre. Con una laurea in lettere in tasca e una in comunicazione ed editoria da prendere, scrivo di molte cose cercando di impararne altrettante.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e statistici. Cliccando su "Accetta" autorizzi tutti i cookie. Cliccando su "Rifiuta" o sulla X rifiuterai tutti i cookie eccetto quelli necessari per il corretto funzionamento del sito. Cliccando su "Personalizza" è possibile selezionare quali cookie attivare.