Più Libri Più Liberi #3. Proibisco ergo sum: la legge zittisce, gli esperti spiegano

Proibisco Ergo Sum, Cover
Proibisco Ergo Sum, Cover

Per descrivere la realtà, in campo giuridico ma anche filosofico, si tende sovente a utilizzare definizioni sottrattive. Termini come libertà e diritto si sostanziano e stabiliscono quindi in molti casi in relazione a cosa non lo è. A cosa è, dunque, proibito. Sempre più spesso movimenti di pensiero, partiti politici, si definiscono per contrarietà. Proibiscono, dunque sono.

Per questo, proprio da un catalogo delle proibizioni l’Associazione Luca Coscioni ha voluto muovere per riflettere sullo stato, in italia, delle possibilità dell’autodeterminazione, ma anche del rapporto tra ricerca scentifica e scelte.

Proibisco ergo sum, pubblicato da Fandango con gli interventi di Vittoria Brambilla, Marco Cappato, Vittorio Comeni, Giulio Cossu, Alberto D’Amato, Roberto Defez, Filomena Gallo, Cesare Galli, Giovanni Battista Gallus, Giuliano Grignaschi, Marina Mengarelli, Francesco Paolo Micozzi, Leonardo Monaco, Ida Parisi, Marco Perduca, Tania Re, Giorgia Serughetti, Gianfranco Spadaccia, Giuseppe Testa, Mao Valpiana e Liana Vita, nella molteplicità dei temi, dagli OGM al fine vita, dal digitale alla procreazione assistita ha un denominatore comune: l’inerzia parlamentare italiana, l’incapacità di legiferare che ha reso, spiega a Più Libri Più Liberi l’avvocato Filomena Gallo, i tribunali il luogo dove si crea presa di coscienza.

Dove si prendono decisioni in relazione a una scelta « «informata e volontaria» come la gestazione per altri, a che sono i giudici a dover rendere, anche in Italia come all’estero, sinonimo di tutela legale ab origine nel rispetto dei principi: benessere legale del minore, rispetto del consenso, dirittio a vedersi riconosciuto lo status di cittadino a pieno titolo.

Sempre ai tribunali è spettato il compito di smantellare una delle leggi più proibizionistiche, scritta trasferendo il dibattito dal confronto tra scelta e salute a quello tra scienza e religione.

Così, in effetti, è stato impostato il referendum abrogativo a partire dal quale, chiosa l’avvocata, tuttavia «i cittadini hanno creato diritto» su una legge simbolo del proibizionismo come strumento, perchè nel dichiarato intento di consentire una pratica, la faceva esistere solo in funzione di una messe di limitazioni e proibizioni, di condizioni sottrattive appunto, che creavano situazioni paradossali.
Quale quella di persone guarite da un cancro e per questo diventate sterili, che potevano fare ricorso alla procreazione assistita ma non all’eterologa: non potevano cioè ricorrere a gameti di donatori terzi.

A meno che non fossero in condizioni di agiatezza, giacchè – nel caso di coppie eterosessuali – per un’eterologa fatta all’estero al legislatore corre l’obbligo di riconoscere entrambi i genitori, cancellando così il donatore che deve restare anonimo: è così – con questa legge – che il diritto alla salute riproduttiva, chiosa Gallo, si è trasformato «nel diritto di chi se lo può permettere, nel diritto dei pochi».

Lo sapeva bene chi ha scelto di decidere della propria vita, o chi si è visto riconoscere un diritto per via giudiziaria. La decisione di un tribunale ha infatti valore “solo per il singolo caso”, e di per sè non costituisce in alcun modo precedente.

Non così per altri organismi, come la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nonostante la cui condanna della legge 40, tuttavia, nulla è accaduto. Un potere più concreto è invece quello della Corte Costituzionale, che sul fine vita è intervenuta manipolando la norma. offrendo, scrive «l’opportunità al parlamento di legiferare. Purchè agisca entro il settembre del 2019».

Se su temi come questo è però in corso un dibattito, altri passano sotto silenzio. È il caso, spiega Leonardo Monaco, delle persone intersex che presentano caratteri sessuali, genetici, gonadici, che non permettono loro di essere inscritti pienamente nè nel genere maschile nè in quello femminile.

Su di loro si abbatte, commenta il referente dell’associazione radicale Certi Diritti, un «doppio proibizionismo»: quello sul loro diritto all’identità intersex, e l’impossibilità di un monitoraggio che permettano una ricerca medica in proposito, giacchè l’attribuzione di un genere viene compiuta spesso in questi casi attraverso una operazione chirurgica neonatale considerata di routine che per altro espone il paziente a diverse controindicazioni e all’imposizione di un genere che potrebbe rivelarsi non confotme alla sua identità adulta.

Il proibizionismo, chiosa Marco Perduca, curatore del volume insieme all’avvocata Gallo, che danneggia in primo luogo la ricerca scientifica, sull’uso medico delle sostanze proibite come sulle cellule staminali, sugli organismi vegetai e persino sullo studio dei cadaveri, giacchè nonostante in Italia esistano centri di ricerca medica di eccellenza, chi vi lavora è costretto a usare tanto embrioni quanto corpi, ma anche OGM, di proveninenza non italiana.

Questo saggio, opera di esperti del settore, lo sintetizza con chiarezza lampante. Il proibizionismo di matrice politica, sta silenziando d’imperio, le possibilità di qualsivoglia dibattito culturale o scientifico, privando quindi il cittadino della possibilità di rendersi consapevole e maturare un proprio pensiero critico.

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Nata (nel 1994) e cresciuta in Lombardia suo malgrado, con un' anima di mare di cui il progetto del giornalismo come professione fa parte da che ha memoria. Lettrice vorace, riempitrice di taccuini compulsiva e inguaribile sognatrice, mossa dall'amore per la parola, soprattutto se è portata sulle tavole di un palcoscenico. "Minoranza di uno", per vocazione dalla parte di tutte le altre. Con una laurea in lettere in tasca e una in comunicazione ed editoria da prendere, scrivo di molte cose cercando di impararne altrettante.

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