Due personaggi transitivi per Spinocchiare Orlando

immagine per Spinocchiare Orlando
Book Pride, Spidocchiare Orlando. Anna Nadotti e Chiara Valerio

Pinocchio di Carlo Collodi e l’Orlando di Virginia Wolf. Due personaggi apparentemente distanti per contesto, messaggio, funzione. Due opposti, si potrebbe pensare. Ma, se una manifestazione come Book Pride sceglie di farne due delle linee guida del proprio sguardo su tutti i viventi, può accadere, come ad Anna Nadotti, di doverli accostare, persino compenetrare, e farne sintesi in un’efficace e multiforme neologismo: Spinocchiare Orlando.

L’aggettivo non è casuale, e prova a rendere in una parola sola l’abbagliante intelligenza della creazione che, dall’incontro tra questi due personaggi, ha spinto Anna Nadotti e Chiara Valerio, ha spinto le due scrittrici a percorrere il filo di similitudine e separazione che li lega: Sono, in primo luogo, chiarisce Chiara Valerio «Personaggi transitivi», come non può non esserlo il verbo che li definisce.

Sono «due trasformazioni, mosse da un desiderio da fuori e uno da dentro»: Il desiderio di Orlando di cambiare lo conduce a mutare genere, quello di Geppetto di avere un bambino porta Pinocchio a farsi tale più per compiacerlo che per propria realizzazione, in un lieto fine però forzato anch’esso, a Collodi, dal volere dei lettori.

I due romanzi, spiega Nadotti, Iniziano con una granitica asserzione di certezza rispetto allo stato del ciocco di legno e dell’uomo Orlando, destinati a essere smentiti. Una peculiarità fortemente evocativa e portatrice di senso in rapporto alla letteratura nel suo complesso: «Il falso principia da un fortissimo atto di irrealtà e segue con logica, questi invece partono con un’assenza di dubbio e poi decostruisce».

Le somiglianze tra le due vicende sono molteplici. Comune il ruolo nodale degli abiti, che, spiegano le autrici, celano una metamorfosi e si fanno metafora di ciò che si è o si potrebbe essere. Vicine e persino complementari nella loro opposizione altre due figure. Orlando incontra Sasha, che lo porta via come Lucignolo fa con Pinocchio, «ma è un Lucignolo fallito che non riesce a trasformarlo perché è mosso dal desiderio di cambiare o respirare la foggia dei tempi»

Ancora, spiega Valerio, «le gambe di Orlando sono il basso continuo del romanzo», ma anche l’elemento centrale velato di Pinocchio, (che le vede bruciate e poi scampate alla trasformazione in asino) in maniera più significativa di quanto lo sia il naso. Gambe, per altro, che in Orlando velano e svelano l’oggetto reale che il romanzo intende raccontare, l’amore della Wolf per Vita Sackville West, che definì Orlando «uno scherzo della natura» E quale maggior scherzo di natura di un burattino parlante?

Così Orlando, chiosa Valerio, come è prerogativa dei grandi autori, rifugge la facile lettura esclusivamente metaforica, per esplorare invece «le possibilità infinite di Orlando, di genere ma anche di tempo. L’andare e venire del tempo e di molteplici identità, che convivono oltre il genere». Nè Pinocchio né Orlando tuttavia si percepiscono come mostri. Ed è questo a qualificarli come etimologicamente «sacri, fuori al giudizio degli uomini. Posti fermi» distinti l’uno dall’altro solo dalla differente consapevolezza.

Impossibile sapere se la Wolf avesse letto Collodi, ma stupisce scovarvi frasi che sembrano calchi. Un uomo che grida, un grosso pesce, sono gli strumenti per, commenta Nadotti, prendersi la grande libertà che ci dà la letteratura, di interpretare le coincidenze.
Nadotti spiega di aver «deciso di occupare lo spazio di esagerazione che Wolf dice di concedere al proprio romanzo e che in Collodi passa, come spiega Tiziano Scarpa, attraverso «la lingua italiana fuor di metafora»

Ed è proprio la letteratura lo strumento supremo per provare a interpretare, in questo divertissement che spalanca al pubblico la ricchezza della cultura letteraria facendosene quasi emblema, le due vicende. «Orlando ha dalla sua la penna e gli basta intingerla per vedere. Pinocchio invece si perde, è analfabeta». Quando lo fa resuscitare Collodi gli dà «un fuscello a uso penna intinto in un succo di ciliegie e di more e nuove vesti».

Nell’affascinante gioco delle somiglianze può accadere di perdersi, ma, chiosa Nadotti, «lo smarrimento è una prova», una forma di transito, che in Collodi coinvolge l’intero mondo del romanzo mentre in Orlando solo il protagonista,
Dunque forse l’approccio più fecondo alle sfaccettature dei personaggi è quello del gitano che si accosta a Orando, «non sa cosa sia e non se lo domanda».

Eppure, Orlando e Pinocchio non sono solo degli indefinibili. Il primo in particolare, in primo luogo è una riscoperta della vis comica dell’autrice inglese, che si voleva cupa e disperata e invece custodisce una profonda vitalità. Un lato comico «che non si può eliminare ma può essere dimenticato anche per lettura politica e femminista», che talora ha finito col limitare la sua modernità.

Invece, tra i quattro secoli di Orlando e il tempo breve in cui prende vita Pinocchio, coesistono «dato di realtà, ironia esagerazione. In fondo entrambi potrebbero essere, in una riflessione lungi dall’esaurirsi nel gioco dell’interpretazione, espressione di un percorso intermedio, che dice molto del loro tempo, ma anche dell’oggi, tempo in cui «quando desideriamo qualcosa non desideriamo l’intero ma i pezzi e li costruiamo a modo nostro come le figure della fiaba di Propp. Se il Geppetto di Collodi costruisce in senso proprio, «Wolf l’intero lo ricompone alla luce del desiderio» Ed entrambi si fanno metafora del «coraggio di desiderare l’intero»

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Nata (nel 1994) e cresciuta in Lombardia suo malgrado, con un' anima di mare di cui il progetto del giornalismo come professione fa parte da che ha memoria. Lettrice vorace, riempitrice di taccuini compulsiva e inguaribile sognatrice, mossa dall'amore per la parola, soprattutto se è portata sulle tavole di un palcoscenico. "Minoranza di uno", per vocazione dalla parte di tutte le altre. Con una laurea in lettere in tasca e una in comunicazione ed editoria da prendere, scrivo di molte cose cercando di impararne altrettante.

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