Papi: quando la realtà diventa una favola beat in salsa caraibica

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«Sono stata anch’io bambina, di mio padre innamorata», suonano le parole di una nota canzone di qualche anno fa, mentre si scorrono le pagine di Papi, il nuovo romanzo di Rita Indiana, anche se la musica che le pervade è piuttosto quella dei merengue del centro America, Tutte le parole della bambina che è voce del romanzo sono infatti dedicate al padre, a Papi. Una figura che negli occhi della figlia, come spesso accade, acquisisce connotati quasi mitologici.

Che agli occhi delle proprie figlie un padre tutto possa non è una novità. Ma Papi è diverso. Lui non è solo capace delle piccole magie dei padri. Qualche volta, anzi, quelle non gli riescono. Ma la sua bambina non lo nota nemmeno. Perché suo padre può fare molto di più. Suo padre possiede decine di case, di auto, decine di esemplari di qualsiasi cosa. Suo padre può entrare in un negozio per farle un regalo e comprare tutto il negozio decidendo di accamparsi lì per la notte. Fuori dalla casa di papi si formano file senza fine, perché tutta la città, il paese, forse il mondo, dicono di essere amici di papi, e a ognuno di loro – quando torna a casa – lui promette di realizzare i loro sogni.
Un supereroe, che come tutti i supereroi ha i suoi nemici e i suoi soci. I secondi sono figuri poco identificabili che con lui giocano a Monopoli ma con i soldi veri, i primi uno stuolo di ex fidanzate procaci e crudeli, che lo rincorrono giorno e notte, ma da cui lui può fuggire volando.

È dai piccoli dettagli disseminati qua e la che si colgono i contorni reali della vicenda, e si identifica la figura senza nome del padre: papi è un narcotrafficante. Un uomo potente e violento, che fa uccidere le ex fidanzate alla figlia – a sua volta senza nome – dal finestrino della Mercedes in corsa passandole armi sempre più tremende, come in un videogioco in cui si vince liberandosi di mostri sempre più orrendi.
Le immagini che Rita Indiana tratteggia sono interamente filtrate attraverso gli occhi di una ragazzina, spinta da ciò che le accade intorno a farsi domande cui le mancano le risposte. Non le resta che sopperire con una fervida fantasia.

È soprattutto quest’ultima a innervare tutti i capitoli di Papi, in un susseguirsi di eventi sempre più paradossali che danno forma a una curiosa favola spietatamente contemporanea che si sviluppa come una rutilante corsa a perdifiato tra fughe, conquiste, andate e ritorni, mentre intorno a Papi ruota una famiglia, la sua, che ne è perfetto braccio armato e che lo ama visceralmente, e un’ex moglie, la madre della protagonista, che nutre un amore-odio che non scalfisce la venerazione della piccola. Intorno le strade della Repubblica Dominicana, dove al lusso più sfrenato fanno da contraltare, nello stesso spazio, manifestazioni della più desolante povertà, che nutre i narcos ammantandoli delle antiche superstizioni degli dei tradizionali.
Un caos affascinante che si specchia in una prosa che la traduttrice, Vittoria Martinetto, definisce efficacemente «trash meraviglioso». Un affastellarsi senza posa di parole e di concetti, che impedisce le prese di fiato e avvince, imponendo al lettore di accettare di farsi trascinare. Uno stile che sembra richiamare e attualizzare la lezione della Beat Generation, rivestendo di colori potentemente caraibici righe dove lo stile da videogioco che denuncia il momento storico raccoglie echi come quelli del Pasto Nudo, di William S. Burroghs. Non mancano anche i cut-up, i passaggi contenutistici giustapposti come porzioni separate e ricomposte che hanno fatto la fortuna dello scrittore vissuto a Tangeri.
Una suggestione che tuttavia non cade in qualcosa di già visto, costruendo un romanzo interessante e coraggioso, come lo è a inserirlo nei propri titoli NN Editori, che sceglie di affrontare un tema di potente attualità – ancorché misconosciuta, fatte salve celebri e spesso fortemente romanzate ricostruzioni televisive – da un punto di vista pressoché inedito.
Tra tanta fantasia non manca però lo spazio per la verità. Quella di Rita Indiana non è un’apologia. A chi intende coglierlo è ben evidente il mostro sotto il mecenate, il dolore devastante di una figlia che mitizza un padre per dimenticare che quasi mai lo può considerare tale.
Soprattutto, però, la Indiana non fa alcuno sconto nel mostrare, spietatamente, la situazione di omertà, condiscendenza, vera e propria devozione che avvolge e protegge i narcos. La loro capacità di inserirsi dove ogni altra autorità viene a mancare o si pone, verso di loro, allo stesso piano di sudditanza della gente del quartiere. Il suggerimento è chiaro ma mai didascalico: impossibile eradicare la criminalità organizzata se non si è prima disposti a rispondere a queste esigenze.
Il loro denaro, oggi, può comprare tutto. Non però la vita. Anche i più invincibili cadono, e il videogioco non può essere ricominciato da capo. Ma che non si pensi che sia finita. Da loro, qualcuno è già pronto a risorgere, e non soltanto dalla mente innamorata di una figlia.

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Nata (nel 1994) e cresciuta in Lombardia suo malgrado, con un' anima di mare di cui il progetto del giornalismo come professione fa parte da che ha memoria. Lettrice vorace, riempitrice di taccuini compulsiva e inguaribile sognatrice, mossa dall'amore per la parola, soprattutto se è portata sulle tavole di un palcoscenico. "Minoranza di uno", per vocazione dalla parte di tutte le altre. Con una laurea in lettere in tasca e una in comunicazione ed editoria da prendere, scrivo di molte cose cercando di impararne altrettante.

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