Più Libri Più Liberi #11. Il musulmano errante per comprendere un presente complesso

immagine per Il musulmano erranteOccorrono più libri, per essere più liberi, suggerisce la fiera dell’editoria di Roma. Devono però anche essere libri densi, che abbiano molto da raccontare. I piccoli e medi editori che si espongono nella Nuvola non hanno paura di pubblicare libri così.
Non si fanno frenare dal timore di pubblicare anche libri “complicati”. Questo è, secondo Emma Bonino, chiamata a introdurlo, il termine che meglio definisce Il musulmano errante, di Alberto Negri (Rosemberg & Sellier).

E del resto non potrebbe essere meno che complicato un testo che si pone l’ambizioso obiettivo di tracciare alcune linee guida per la comprensione di un presente quanto mai complesso.

Per farlo, Negri parte da lontano e da una prospettiva originale. Quella degli alauiti, una minoranza «tanto eterodossa dell’Islam da far dubitare che ne faccia parte».

E in effetti, per molti correligionari, non sono altro che dei miscredenti: non praticano il Ramadan né il pellegrinaggio alla Mecca e non pregano in moschea, dove anzi possono custodire le capre.
Un popolo le cui scritture sono note soltanto agli iniziati, neppure alla massa dei fedeli, e per cui Alì, il primo Califfo, è una divinità.

Un gruppo che ha portato alla regione non solo un modo diverso di credere, ma un modo diverso di intendere, che si è concretizzato e poi annullato per mano dei francesi, che prima hanno creato, dopo secoli di mancata esistenza formale, uno stato alauita in Siria, e poi lo hanno cancellato, cedendolo alla Turchia per garantirsi, nel 1936, un appoggio antinazista.

Un’ingerenza, quella europea sull’area, che non fa che ripetersi, negli ultimi decenni. Quando però, negli anni Settanta, diventa leader siriano Afez al Assad, padre di Bashar, la costituzione siriana cambia, non è più necessario che il capo del governo sia musulmano: gli alauiti, i miscredenti – che nel frattempo si sono costituiti in un partito che ospita tutte le confessioni, musulmane ma anche cristiane – possono prendere il potere.

È qui che si crea la coesistenza di diverse religioni destinata a deflagrare con la primavera araba del 2011 e il successivo imperioso intervento estero.

Una combinazione di fattori che, spiega Negri, hanno «distrutto la fabbrica sociale della convivenza» che era la Siria, trasformandola in un «condominio militare» ormai in macerie frammentato tra potenze straniere.

Questo denso excursus storico è il punto di partenza di un saggio, chiosa Emma Bonino che, come pochi, affronta in modo serio un tema e un contesto complesso come quello di quella zona di mondo oggi sempre più instabile e sempre più lontana dal nostro interesse di europei disinteressati che tendono ad accomunare chiunque viva oltre il Mediterraneo.

Un libro, spiega l’ex ministro, che è un efficace antidoto contro gli stereotipi, ma anche uno strumento per capire cosa accade quando il vaso di Pandora esplode.

Ed è sempre esploso, commenta schietta e salace, ed è opportuno che l’Europa, il continente più ricco di guerre della storia, non dimentichi quanto lo ha vissuto sulla propria pelle. Quella del vecchio continente e dell’umanità in genere “è una storia più di guerre che di pace”.

Il libro di Negri apre uno squarcio su una porzione di mondo che esce in fretta dalle cronache, che tuttavia ogni giorno riportano tragedie nuove e interconnesse.

L’attentato nel Sinai che fa trecento morti. La telenovela del premier libanese Ariri, fatto dimettere, convocato in Arabia Saudita e poi preso in carico dal presidente francese Macron, che ne dispone come dell’autorità di un ex provveditorato.

Una situazione incandescente, intorno a cui si muove un presidente, Trump, «incauto e per nulla amico dell’Europa», che ha ormai eroso l’asse USA- Unione Europea su cui il vecchio ordine si reggeva. A far da contraltare Putin, «in grande spolvero», che governa un popolo «con grande capacità di sopportare il dolore» come quello russo.

Che cosa ci si può aspettare in una simile polveriera? Secondo Negri, che il Libano diventi il prossimo obiettivo. Un rischio enorme, perché l’esplosione di quel piccolo paese retto da equilibri fragilissimi già inviso a Israele produrrebbe una catastrofe.

Che fare quindi? Non abbandonare la barca Unione Europea, traccia la rotta Emma Bonino, semmai «ripararla durante la tempesta».

E ricordarle nel frattempo ciò che ha voluto dimenticare. L’importanza di un’unità di intenti non sulle misure delle mele, come oggi, ma su un orizzonte comune perché la pace che l’unione ha portato agli stati del vecchio continente possa, anche in medio Oriente, non restare una chimera.

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Nata (nel 1994) e cresciuta in Lombardia suo malgrado, con un' anima di mare di cui il progetto del giornalismo come professione fa parte da che ha memoria. Lettrice vorace, riempitrice di taccuini compulsiva e inguaribile sognatrice, mossa dall'amore per la parola, soprattutto se è portata sulle tavole di un palcoscenico. "Minoranza di uno", per vocazione dalla parte di tutte le altre. Con una laurea in lettere in tasca e una in comunicazione ed editoria da prendere, scrivo di molte cose cercando di impararne altrettante.

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