CrashTest Festival 2017. Il teatro contemporaneo è tornato con gli alieni nella città dei Marzotto

Portare il teatro dove il teatro non c’è. Questo, da sei anni con l’edizione appena conclusa, il compito di Crashtest Festival. O meglio, il teatro – da intendersi come spazio fisico – ci sarebbe. Non solo, sarebbe enorme: 1861 posti, in omaggio alla data dell’unità d’Italia. Sarebbe il fiore all’occhiello di una città ideale.

Così infatti lo aveva pensato Gaetano Marzotto che negli anni Trenta aveva deciso di fare di Valdagno, dove sorgeva la sua fiorente industria laniera, la “città dell’armonia”. Pianificata dall’architetto Francesco Bonfanti con una struttura rigidamente gerarchica, doveva tuttavia fornire ai suoi operai molte strutture sociali, e ai ceti più alti (impiegati e dirigenti) anche una realtà culturale di grande livello. Con il progressivo disinteresse della famiglia Marzotto, vero e proprio deus ex machina dell’intera città, dopo il Sessantotto e la statua del patriarca abbattuta in piazza, anche il teatro, come la “città dell’armonia”, è mestamente decaduta. Fino alla chiusura all’inizio dell’imponente sala all’alba degli anni Ottanta, e il trasferimento dell’abitato nel piccolo centro storico sulla riva opposta del fiume. Quando, sei anni fa, un giovane studente del DAMS di Bologna, un’amica e compaesana conosciuta nell’ateneo bolognese, e la loro giovane compagnia decidono di portare a Valdagno il teatro contemporaneo, la facciata del Teatro Rivoli è coperta da un condominio, in un quartiere fantasma che racconta una interessante fetta di storia d’Italia che pochi possono ascoltare, e che pure fornirebbe materiale estremamente utile ad un potenziale progetto site specific ancora da progettare
Quel ragazzo, Alessandro Sanmartin, ora lo chiamano il professore: fa corsi di teatro nelle scuole. Della compagnia molti hanno fatto scelte che garantissero un sostentamento più stabile, ma l’amore per il teatro è rimasto.

Da lì è nato CrashTest Festival, costretto, in assenza di un contesto più adeguato, a utilizzare come sede il locale palazzetto dello sport. Giunto quest’anno alla terza edizione, il festival è riuscito a garantirsi una buona quantità di pubblico affezionato, e una organizzazione che sopperisce alla necessità economica di fare di necessità virtù con una attenzione costante agli ospiti, alle compagnie e agli addetti ai lavori – che sono invitati a fare, per tutta la durata del festival, vita di comunità tra gli affascinanti monti locali – garantita da uno staff appassionato costituito in gran parte dagli allievi di Sanmartin. Ospitati nella casa comune, quest’anno per la prima volta una giuria di giovani critici a cui è demandato il compito di assegnare il premio in denaro, accanto a quello del pubblico.
A presiederla, la drammaturga, attrice e regista Sonia Antinori, che prosegue la tradizione dei drammaturghi come presidenti di giuria (Scarpa e Trevisan tra gli altri) Un esperimento interessante e meritorio, una delle non molte occasioni per mettersi alla prova sul campo, assumendosi una non indifferente responsabilità, per giovani che hanno deciso di fare della critica teatrale una parte del proprio futuro.

Interessante e variegata – pur in assenza di una giuria di preselezione che potrebbe essere introdotta, anche la selezione dei quattro spettacoli finalisti delle 150 richieste pervenute sul tema alieni. La musica e il divertimento dei pisani Frequenze Alfa, premiata dal pubblico, le proiezioni visionarie e ardite di Dehors/Audela da Roma, la brutale contemporaneità della prima compagnia internazionale, la berlinese Welcome Project, premiata dalla giuria e gli originali pupazzi di Jessica Leonello di Brescia, assente per motivi di salute, che avrebbe forse potuto lasciar spazio a un ripescaggio (il suo lavoro è stato visionato in video soltanto dalla giuria, e coerentemente escluso dal concorso).
Quanto basta per incuriosire un pubblico abituato fondamentalmente alle commedie dialettali, chi vuole un teatro capace di raccontare il mondo e gli spettatori più accorti e appassionati di avanguardia. A margine delle pièce, tutte di buona qualità, buona presenza di pubblico, e con positive reazioni di una cittadinanza che ormai attende l’annuale appuntamento (tanto da chiederne conto, nel corso dell’anno, a chi vi collabora) e  presenzia nonostante le avverse condizioni meteo di  tre delle quattro serate (che hanno visto cimentarsi sul palco, in un incontro fecondo tra arte e cittadinanza, alcuni allievi di Sanmartin nella serata di apertura e un gruppo teatrale composto da portatori di handicap psichico in quella di chiusura.
Nota di merito la presenza, nel corso dell’ultimo giorno, di laboratori pratici curati dai finalisti aperti alla cittadinanza, in cui ogni compagnia dà saggio del proprio personale metodo di lavoro permettendo a chiunque di sperimentarsi come attore.

Una struttura che potrebbe essere replicabile anche in ambito critico e teorico, oltre che sul piano pratico di immediata efficacia. Senza dubbio una interessante vetrina per valide giovani compagnie interessate a mostrarsi, e un’occasione per contesti in cui alcune proposte altrimenti non arriverebbero. La prova che la semplicità e la passione possono continuare a rendere il teatro capace di essere attuale e presente, e muoversi verso il pubblico anziché aspettare presuntuosamente che avvenga il contrario, non necessariamente compiacendolo ma a tratti arrivando a sfidarlo, pur mantenendo una costante informalità che, in un simile contesto, si rivela un valore. Nella speranza che chi ha disponibilità e ruolo per sostenere piccole realtà combattenti come questa, sia in grado sempre di più di coglierne la validità sociale.

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Nata (nel 1994) e cresciuta in Lombardia suo malgrado, con un' anima di mare di cui il progetto del giornalismo come professione fa parte da che ha memoria. Lettrice vorace, riempitrice di taccuini compulsiva e inguaribile sognatrice, mossa dall'amore per la parola, soprattutto se è portata sulle tavole di un palcoscenico. "Minoranza di uno", per vocazione dalla parte di tutte le altre. Con una laurea in lettere in tasca e una in comunicazione ed editoria da prendere, scrivo di molte cose cercando di impararne altrettante.

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