Più Libri Più Liberi #17. Islam in love. E se provassimo a scoprire l’Islam partendo dal corpo?

immagine per Islam a Più Libri Più LiberiA Più Libri Più liberi si parla di Donne e Islam, un binomio che solletica l’interesse di molti, oggi.

Soprattutto di chi ha certezze da propagandare, battaglie ideologiche da combattere, presunte sottomissioni da vendicare.

Convinzioni che spesso riposano su pregiudizi, a volte utilizzati programmaticamente, altri «che nemmeno sapevamo di avere».

Ma che può bastare poco a incrinare, anche una semplice storia d’amore. Come quella che racconta Rania Ibrahim in Islam in love, edito Juvenes.

Quello scelto dalla scrittrice di origini egiziane è il tema, tutt’altro che infrequente, dell’amore fra due antipodi. Un giovane rappresentante di un partito razzista e xenofobo, Mark, e una giovane musulmana cresciuta in occidente ma nel solco della tradizione: Layla.

Uno schema noto, commenta anche il giornalista Stefano Gallieni che modera l’incontro, ma che la «costruzione degli imprenditori della paura» degli ultimi quindici anni almeno ha portato a inaridirsi quando coinvolge il mondo musulmano.

L’importanza politica di un libro del genere, che invece squisitamente politico non è, può quindi ancora essere sottolineata, in un pensiero – quello occidentale – che riduce a un monolite una vasta porzione di mondo che porta in sé numerose sfaccettature.

Che si racconta l’islam per come lo vede da un orizzonte, quello europeo, all’interno del quale la comunità degli emigrati tende a chiudersi «perché è minoranza, e perché ha paura quanta ne hanno gli occidentali» nel rispetto delle proprie tradizioni, ma che poi, una volta tornata nel paese d’origine, spesso non vede l’ora di tornare in Italia, nella terra che sente casa, come racconta la mediatrice e influencer Sara Ahmed, musulmana egiziana come la Ibrahim.

Sarebbe però bello che si rivelasse ormai quasi frustro dover spiegare ancora che nell’Islam – ad esempio – gli imam non siano altro che guide alla preghiera, anziché quelle talvolta esaltate autorità politiche che tendiamo a investire di importanza quando fanno dichiarazioni violente, (dimenticando quanto quelle delle autorità nostrane possano esserlo). Che pochissimi fra i musulmani hanno davvero letto il Corano, mentre sono molti quelli che ne danno interpretazioni pretese inappuntabili. (Gioverebbe ricordare che sono pochi ad aver letto anche la Bibbia, rimuovendone passaggi spesso oggi irricevibili).

La conoscenza del mondo musulmano è però fondamentale, per quanto ai meglio informati possa sembrare una ennesima ripetizione, perché ciò che ad alcuni appare scontato, oggi, non lo è.

Si è ancora costretti – chiosa la Ahmed – a parlare ossessivamente di veli e di barbe, anziché scoprire, della cultura e della Scrittura musulmana, porzioni che non conosciamo. Il suo rapporto con il corpo, ad esempio, o il sesso. Il tabù formale che lo accompagna, al punto persino da non poterlo nominare. La mancata conoscenza del proprio corpo che la tradizione impone alle ragazze, cui invece fa da contraltare un testo sacro che parla di corpi e di sessualità con grande libertà.

È probabilmente questa la chiave di lettura più interessante del romanzo della Ibrahim. Il suo confrontarsi con i corpi, l’amore e il sesso, che il tabù delle famiglie trasforma per le ragazze arabe in «una sorta di ossessione», secondo la Ahmed. Islam in Love lo affronta invece con serenità e schiettezza, con le parole «spaventosamente limpide» di una diciottenne come tante alla scoperta di sé, di chi è e di ciò che desidera dove non lo avrebbe creduto possibile.

Ranja Ibrahim racconta una storia che «attraversa» il suo vissuto personale per tracciare un percorso verso un diventare donna a tutto tondo.

Si tiene lontana dalla volgarità quanto dal pudore, e si confronta con le tradizioni e la vite concrete di tante ragazze come lei, che nelle sue pagine hanno riconosciuto se stesse.

Si può così rendersi conto che di certo è importante non nascondere mai il razzismo che la Ibrahim, quarantenne, vede oggi sulla pelle dei suoi figli.

Ma il modo migliore di farlo può essere proprio questo: scoprendo l’amore e il corpo, quello con cui si confrontano e stanno nel mondo tutte le ragazze, ad ogni latitudine e qualsiasi religione professino, e le scelte con cui scelgono di vivere dentro di esso.

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Nata (nel 1994) e cresciuta in Lombardia suo malgrado, con un' anima di mare di cui il progetto del giornalismo come professione fa parte da che ha memoria. Lettrice vorace, riempitrice di taccuini compulsiva e inguaribile sognatrice, mossa dall'amore per la parola, soprattutto se è portata sulle tavole di un palcoscenico. "Minoranza di uno", per vocazione dalla parte di tutte le altre. Con una laurea in lettere in tasca e una in comunicazione ed editoria da prendere, scrivo di molte cose cercando di impararne altrettante.

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