Nuove Residenze ad Arte crescono. Il caso a,m,o – Arte, Marche, Oltre. Intervista a Giovanni Gaggia

a,m,o, titolazione che nasce da un acronimo (Arte, Marche, Oltre) è una kermesse che prevede mostre, incontri, presentazioni di libri, performances riassunto in una Residenza diffusa, il tutto riassunto in 3 progetti artistici in 5 comuni delle Marche: Arcevia, in provincia di Ancona, Pergola, Pietrarubbia, Frontino e Lunano, in provincia di Pesaro Urbino.

Quel che di maggiormente positivo rilevo di questa iniziativa, curata da Casa Sponge, è anche il fatto che si tratta di qualcosa di permanente, oltre all’esperienza fatta dagli artisti e dagli abitanti dei luoghi interessati; pur se la situazione-pandemia e i tanti limiti connessi, ha imposto che alcuni progetti abbiano preso forme diverse, ogni artista ha portato e sta portando avanti la sua ricerca con impegno, facendo, semmai – come si dice oggi – resilienza.

Come ci chiariscono dalla Casa:

Beatrice Meoni ha deciso di dialogare da remoto con due pittori e due poeti di Frontino per mettere in comunicazione l’arte con il territorio e il paesaggio.

Stefania Galegati nel borgo di Lunano dopo aver posto delle domande impossibili ai cittadini del paese e averne raccolto le risposte, creerà un’opera video per restituire il ritratto del paese attraverso l’immaginario dei suoi abitanti.

Dove sono tutti quanti, per un ritratto collettivo di Lunano, work in progress, di Stefania Galegati

Mario Consiglio nel borgo di Pietrarubbia sta dando vita alla scultura Democracy, una fontana arte litteram.

Aisha Gianna Muller a Caudino, uno dei castelli di Arcevia, ha scelto 9 alberi e attraverso questi vuole portare simbolicamente l’elemento aria da una zona caratterizzata da un vasto patrimonio boschivo, ad aree che non hanno questa caratteristica e privilegio (come la provincia di Bergamo colpita dalla pandemia), per rivelarne l’invisibile importanza.

Juan Pablo Macias ha proposto agli abitanti di Pergola e non solo un’azione collettiva attraverso WhatsApp per registrare su vinile fischi, suoni, soffi a rappresentare il respiro che ci accumuna tutti.

Pietro Gaglianò sempre con gli abitanti di Pergola ha sviluppato proposte di socialità alternative alla piazza del paese e infine Roberto Coda Zabetta che deve ancora iniziare la sua residenza installerà nei 9 castelli di Arcevia 9 stendardi che prendono le mosse da un suo intervento precedente realizzato nel 2017 nel Complesso della SS. Trinità delle Monache di Napoli.

Giovanni Gaggia, è l’artista e deus ex machina di Casa Sponge, un casale sulle colline marchigiane, a Mezzanotte di Pergola (PU), che, con la sua direzione, promuove incontri di artisti, curatori, persone in un articolato mescolamento di progetti curatoriali e interventi d’artista e si caratterizza per essere un “luogo di accoglienza, rifugio di artisti, collettore di idee, laboratorio del benessere, centro d’arte dove si dà spesso spazio alla sovrapposizione e all’inversione dei ruoli, e proponendo al pubblico una fruizione più sentita e intima della creazione artistica.”.

Proprio a Gaggia chiediamo, prima di parlarci più precisamente di questo progetto, di dettagliarci da quale necessità prenda le mosse.

Ci siamo immaginati, un percorso, un viaggio non mirato alla creazione di mostre o grandi eventi, bensì un cammino volto alla sensibilizzazione, la creazione condivisa e la modifica dell’assetto culturale dei luoghi in cui siamo stati accolti.

Stiamo tentando di immaginarci un futuro possibile, dove l’arte è protagonista e si riappropria di un ruolo fondamentale, aiutare ad identificare obiettivi comunitari e collettivi.

Usciamo dalle cattedrali, lontani dalle metropoli. Abbiamo deciso di preoccuparci di generare contenuti, per passare poi eventualmente ad una seconda fase: la produzione.

Concretamente, quindi…?

7 residenze, 5 comuni e un unico cappello. Tre macro aree in base alle peculiarità dei territori dove agiamo, seppur vicini, con storie e motivazioni differenti. Siamo sulla dorsale appenninica, pochi km implicano un breve viaggio, questo protegge e conserva. Ciò che fino a ieri era un limite, oggi è la sua forza.

a,m,o essenzialmente è un progetto di valorizzazione territoriale attraverso l’arte, nel vero senso del termine, ossia la maggior parte degli artisti attraverso il dialogo con la popolazione locale ha avviato un processo che con il proprio intervento, porterà un valore aggiunto che rimarrà materialmente e spiritualmente in questi borghi.

C’è un forte accento sul valore didattico e formativo dell’arte a 360° e anche in questo periodo pandemico si sono trovati modi di reazione per costruire relazioni alternative che hanno permesso ai progetti di proseguire efficacemente.

Come è stato possibile trasformare una prima idea – di iniziativa in presenza, nella normalità di vita e interazioni con luoghi e persone – in una nuova  concezione che tenesse conto delle limitazioni imposte dalle regole anti-pandemia? Cosa di (eventualmente) diverso e migliore?

Nell’analisi del tempo e con la grande elasticità mentale dei sette autori, con la voglia delle comunità di esser parte attiva e attori protagonisti di un processo con lo sguardo volto al futuro.

Non è stato facile, ci sono stati confronti costanti  che hanno portato ad attente analisi delle motivazioni delle singole azioni e a studiare a fondo i territori che ci stanno ospitando, in contatto stretto con le amministrazioni locali, entrando anche nelle complesse e farraginose macchine burocratiche e amministrative.

E’ stato necessario un lavoro di segreteria attento, con una figura preziosa che si è fatta carico di rimanere in contatto telefonico e via email quotidiano con le persone accompagnandole nelle singole azioni.

Ciò ha comportato una dilatazione dei tempi previsti, ciò che era stato pensato per una settimana è divenuto infinito ed ha permesso in alcuni casi di partire dal borgo e di raggiungere il mondo, come nel caso del progetto di Macías, da Pergola all’Italia fino al Messico, sarà un’opera d’arte Glocal.

Di migliore c’è il pensiero che porta ad una consapevolezza maggiore, unica via possibile per tentare di innescare un cammino non colonialistico e virtuoso.

 Cosa di più rilevante delle Marche entra in questo a,m,o (in quantro Arte, Marche), oltre che nei diversi interventi degli artisti?

Ciò che entra di più pregnante è il paesaggio, tutto il processo è un cammino di formazione e di educazione, imparare a guardare ciò che c’è sempre stato e l’importanza di costruire insieme, riappropriandosi del senso del termine comunità

Come sono stati selezionati gli artisti partecipanti?

Non soltanto artisti, abbiamo Aisha Gianna Müller, Mario Consiglio, Beatrice Meoni, Stefania Galegati, Juan Pablo Macías, Roberto Coda Zabetta, e anche un teorico Pietro Gaglianò… Sono stati associati ai borghi andando a scovare le affinità tra le pratiche artistiche ed intellettuali e le peculiarità e necessità dei luoghi.

Come si sono espressi? 

Inizialmente dialogando: la parola e l’incontro sono la chiave per tutti gli interventi. Dalla parola allo studio, infine la produzione in alcuni casi senza scadenza.

Perché la pratica della Residenza, e l’idea di casa – ma anche la casa vera, come la tua, della persona e dell’artista (Giovanni Gaggia, Casa Sponge), nella campagna vicino Pergola – funzionano, secondo te e voi, per fare e comunicare arte, per produrre, cioè, e interagire con un pubblico non deputato, non specialistico? Cosa ha di meglio una Residenza rispetto a una mostra, un convegno etc.?

Il fulcro è chiaramente Casa Sponge, davvero è il sasso lanciato nel lago con i cerchi che si dipanano concentrici, rispettando la superficie. La magia che si può ripetere costantemente ed infinitamente. Il mio gesto fu politico, aprire le porte di una casa, invitare ad entrare, condividere ed insieme iniziare un viaggio.

Molteplici sono le valenze che potrebbero portare ad infiniti confronti, per me si svolgono tutti attorno al tavolo della cucina con un bicchiere di vino, da tempo è spesso un rosè. Lentamente nell’agire degli anni la prospettiva è mutata, va detto che siamo aperti dal 2007 e la patente ci sentiamo di averla conquistata soltanto nel 2017, da quel momento inizia letteralmente un nuovo capitolo.

Abbiamo abbandonato l’idea di mostra ed eliminato una programmazione fissa, non siamo né una galleria né un museo, ma un luogo dove si attivano delle pratiche che possono portare ad una produzione, come no. Ciò che rimane è la consapevolezza del tempo, e l’ampliamento dello spettro visivo. Niente di consumistico.

Come supponi abbia segnato l’emergenza Covid – con tutto ciò che ha portato di nefasto, ma anche di diverso – la produzione artistica, la pratica critica e curatoriale e, allargando il discorso, il nostro presente e la visione del futuro? Cosa ha tolto? Cosa ha portato? Cosa pensi ci abbia insegnato e cosa dovremmo non perdere da tale accidente? 

Si sente parlare tanto di paesaggio, di natura, di aria…; noi decidemmo di fare un passo indietro dalla metropoli e di togliere il piede dall’acceleratore. All’epoca veniva letta, nella ipotesi migliore, come una scelta bucolica, ora appare come l’unica via possibile.

Facciamo fatica ad indicare una strada: ci piace pensare che il momento che stiamo vivendo ci guidi nella riappropriazione del tempo. Abbiamo sempre pensato che l’unica alternativa possibile fosse un processo orizzontale da compiere insieme. Il Covid ci ha tolto la fisicità, la riavremo a tempo debito con la speranza di comprenderne l’importanza.

Qual è una tua e una vostra visione del futuro? Cosa ti auguri e vi augurate che avvenga nel mondo dell’arte, nel suo Sistema, e cosa più in generale nel nostro vivere quotidiano e in relazione, ad esempio, all’Ambiente?

Lasciamolo di lato per un momento, il mondo dell’arte: potrebbe apparire come egoncentrismo. Faccio una citazione dalla Carta di Fonte Avellana scelta d Aischa Gianna Müller come fonte per il suo cammino. È un documento strategico del 1996 per lo sviluppo dei territori montani:

“la montagna intesa come risorsa sottende non più un programma di assistenza, ma una politica economica e sociale che promuova, oltre ad occupazione e redditi soddisfacenti, una nuova dimensione della realizzazione dell’uomo”.

Chapeau!

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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