Smart Film sperimentale. Il giorno e la Notte ai tempi del Covid-19 di Daniele Vicari. In corso le riprese

immagine per Il giorno e la Notte
Daniele Vicari foto di Natale Di Fino

Volentieri pubblichiamo di un tentativo di superare i limiti imposti dall’emergenza per pandemia a molte attività, creatività e progettualità, comprese quelli cinematografiche.
In tempi di Covid-19, che non si arresta alle numerazioni delle varie Fasi ma, in quanto virus ancora in atto, inevitabilmente condiziona le nostre vite, la socialità e tante possibilità lavorative, si segnala un curioso, ingegnoso espediente virtuoso per fare Cinema.

Come ci dicono dalla produzione, ci si è industriati:

“per girare nel rispetto di tutte le norme sanitarie e sindacali, ovvero a distanza”.

Così, è partito il primo Ciak di Il Giorno e la Notte, il film diretto da Daniele Vicari che, in attesa che si riaprano i set cinematografici, ha coinvolto gli attori Dario Aita, Elena Gigliotti, Barbara Esposito, Francesco Acquaroli, Isabella Ragonese, Matteo Martari, Milena Mancini, Vinicio Marchioni, Giordano De Plano in questo prodotto tutto in famiglia (di ciò vi dirò più avanti).

Va sottolineato che questo film è figlio di questo tempo di crisi pandemica, che, infatti, racconta a suo modo. analizzandone alcune peculiarità emergenziali e, soprattutto, strutturandosi appositamente entro le nuove, inevitabili regole; quindi, non un film che si limita ad adattarsi alle circostanze, fingendo un set normale, un… come se fosse… ma linguisticamente sperimentale, pensato e realizzato appositamente per i nuovi precetti.
Chapeau.

Come dichiara il regista Vicari, che insieme a Andrea Porporati e Francesca Zanza con la Minollo Film, producono Il Giorno e la Notte:

L’idea di fare un film nonostante il Lockdown e il distanziamento sociale, le mascherine e la paura del contagio… nasce proprio dalla voglia di tradurre artisticamente questo momento condivisa con i miei principali collaboratori e con un gruppo di attori e attrici che amo profondamente, per reagire creativamente alla paura, non per raccontare il Coronavirus ma quella condizione di isolamento e restrizione che ha caratterizzato gli ultimi due mesi della nostra vita e che negli ultimi anni avevamo già sperimentato a causa di attentati terroristici che si sono susseguiti da Londra a Madrid, da New York a Parigi. La paura di circolare liberamente, la restrizione della libertà, ci pone delle domande importanti offrendo drammaturgicamente una grande occasione di racconto: per esempio cosa accade ai nostri sentimenti in questa condizione? Cosa accade alle coppie se costrette dentro le pareti domestiche, senza possibilità di fuga?”.

Il risultato sarà professionale e atipico pur se narrativamente – e anche fattivamente – domestico, ovvero praticando una sorta di filming in modalità smart (intelligente) o meglio remote working, oppure working from home. Insomma, nel rispetto delle norme vigenti, per la sicurezza di tutti, il regista da casa sua coordina gli attori, anch’essi a casa loro, così come il direttore della fotografia (Gherardo Gossi), la scenografa (Beatrice Scarpato), le costumiste (Francesca e Roberta Vecchi). Da remoto, c’è chi dirige, chi supervisiona le rispettive aree di competenza:

“senza mai mettere piede fisicamente sul set”.

Già: il set. Quale? Come? Semplicemente quello vero: corrisponde, cioè, alle dimore degli attori, che per l’occasione effettuano anche le riprese. Attori-cameramen, e anche addetti alle luci e fonici, microfonisti, truccatori e parrucchieri; insomma: multitasking! Ma non solo: anche vere coppie nella vita, ovvero conviventi, “congiunti stabili”…

“Tre coppie della storia su quattro lo sono anche nella vita e questo permette l’interazione nella recitazione. Il tutto quindi viene diretto a distanza, avvalendosi delle straordinarie opportunità date dalla tecnologia. Nei luoghi di residenza in cui si trovano in questi giorni, gli attori sono stati dotati di un Kit con il quale gestiscono la camera che li sta filmando, creando dunque un set dove essi stessi, sulla base di un progetto comune di regia, hanno campo libero.

In Il Giorno e la Notte storie di coppie corrono parallele unificate da una situazione: improvvisamente il telegiornale dà la notizia che è in corso un misterioso attentato chimico nella città di Roma. Tutti sono obbligati a serrarsi in casa. Nessuno può più uscire. Le strade osservate dalle finestre si svuotano. Che sta succedendo? Intanto le coppie asserragliate dentro le mura domestiche si trovano messe alle strette, in un confronto intimo e inesorabile che spesso è scontro, ma anche incontro, e che soprattutto porta a nuove consapevolezze.

Un film dunque in piena regola, artisticamente parlando, nato dal desiderio di alcuni lavoratori dello spettacolo di non stare fermi in questo momento, ma di raccontare a modo loro, con un film appunto, una storia che esprima questi tempi e fare cinema nonostante, sempre e comunque, non fermandosi di fronte alle difficoltà tecniche.”

Insomma, conclude Vicari:

“Anche nei momenti più difficili la creatività può trovare nuove vie e stimoli. Non un Istant movie ma una storia vera e propria, di pura finzione, girata ai tempi del Coronavirus, e destinata al pubblico domani”.

Il film è prodotto dalla rinnovata società di produzione Minollo Film, è scritto da Vicari e Andrea Cedrola (coautore con Andrea Delogu di La Collina), montaggio di Andrea Campajola, musiche originali del bravissimo Teho Teardo.

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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