Sa.L.A.D. al quartiere San Lorenzo: per un Distretto artistico e culturale alternativo al lavaggio artistico

immagine per San Lorenzo Art District
i segni del bombardamento del 1943. ph. Alessandra Oodrah

Il Quartiere San Lorenzo di Roma, nato operaistico e fieramente popolare, è ufficialmente riconosciuto per il suo carattere disobbediente – la sua gente si oppose alla Marcia su Roma –, per la sua partecipazione massiccia alla Resistenza, per il suo legame con la politica dura e pura color rosso vivido: lì c’era la sede de “L’Unità”,  il giornale fondato da Antonio Gramsci che in via dei Taurini 19 ha avuto la redazione dal 1957 (fino quando, nei primi anni Novanta, si spostò in via Due Macelli); il rione, in questo senso è stato caratterizzato anche dal fervore politico, di gruppi extra-parlamentari e movimenti studenteschi che lì hanno fatto cronaca e storia.

Ed è conosciuto anche per la presenza della struttura marmorea piacentiniana progettata come cittadella, nata per accogliere l’Università, che via via ha visto proliferare tanti satelliti un po’ ovunque tutto intorno. Proprio La Sapienza ha radunato una popolazione studentesca, di tanti fuori sede con case in affitto disponibili per chiunque, e di tanti altri che nelle case dei fuori sede si accampavano inventando, tra un esame e l’altro, feste gremitissime e divertentissime.

L’impegno ideologico, la vitalità notturna, il brulicante umanesimo e la creatività hanno sempre dimorato a San Lorenzo, animato anche da tanti artisti, che qui hanno studi e alloggi, e che prima hanno segnato una zona dove potevano trovare a buon prezzo studi e alloggi – via via sempre più costosi –, nonché artigiani e collaborazioni preziose. Ieri e oggi.

Come non citare le officine Ribersani, con uno dei titolari, Carlo (Carletto per gli amici), che era capace di creare dispositivi meccanici per e di risolvere questioni tecniche alla base di tante opere; o la Fonderia Bastianelli, oggi dismessa; i vari maestri vetrai (ma la bella vetreria Sciarra non c’è più) e i maghi dei neon (materia di molta Light Art), o Fedele per i plexiglass e i tanti lavoratori e scultori del marmo con laboratori lì radunati per via del Camposanto del Verano, pieno di tombe monumentali.

Le botteghe sono sempre state e sono tante e diversificate, le librerie per nulla mainstream, e si ricordano copisterie note anche per epici ciclostili antagonisti; le associazioni culturali e i locali sorgevano e ancora si possono trovare in ogni cortile e scantinato possibile.

A San Lorenzo era difficile restare sobri o soli, ancor più difficile non imparare qualcosa dai poeti, dai pittori, dagli intellettuali che facevano la staffetta dal Forno Ottavi (attivo dal 1921) alla Fabbrica del Cioccolato Said (dal 1923), all’ancora oggi frequentatissima Pizzeria economica, antico forno a legna dal 1931 e detta l’obitorio per via del pavimento e degli spartani tavoli messi l’uno accanto all’altro come loculi del vicino cimitero (e si dice che il soprannome e questa similitudine canzonatoria siano paternità di Pier Paolo Pasolini, che amava e si viveva il quartiere).

O si ritrovavano ai bar e alle osterie disseminate tra le strade dell’area, nelle piazze e da Pammidoro, dove sono stati habitué Fabio Capello, gli artisti dell’ex Pastificio Cerere, il fotografo Claudio Abbate, con lo studio a pochi isolati; talvolta Mario Schifano; e poi  Bertolucci (padre e figlio), Alberto Moravia, Laura Betti, Ninetto Davoli, Franco e Sergio Citti, Oriana Fallaci e persino la divina Maria Callas, con Pasolini, che lì fece l’ultima cena con gli amici prima di essere giustiziato all’Idroscalo di Ostia nel novembre 1975. Da Pommidoro la tradizione non è cambiata così come la presenza di un melieu culturale e artistico di tutto rispetto.

La cosiddetta movida a “San Lo” – come fu ribattezzata alla fine degli anni ’80 – si è strenuamente continuata a chiamare “far bisboccia” e da popolare vernacolare divenne negli anni alternativa e, per così dire, impegnata. Tanto vino, “birette” e altro a volontà: ma la parola “apericena” è stata a lungo bandita, da quelle parti.

Da Zoe, winebar e spazio d’arte di Via dei Falici, in pieni anni Novanta, Vittorio, il titolare, poteva cacciare chiunque pronunciasse il termine “cockatail-bar”, davanti alle opere d’arte lì esposte; e a le Rive Gauche di Via dei Sabelli, dove potevi trovare la grandiosa e allora rara Septante 5, rischiavi di incassare un manrovescio se solo avessi provato a usare qualche anglicismo inutile: chiusa da tempo, al posto di questa birreria storica, aprirà il nuovo spazio della Galleria d’Arte Mascherino. Andrà ad arricchire una presenza galleristica di tutto rispetto, attivissima e di gran qualità, già lì vicino: Gilda Lavia e Matéria.

A Via degli Ausoni svettava e svetta l’ex Pastificio Cerere, che divenne luogo degli artisti per eccellenza: lì, negli anni Ottanta, si riuniva la figurazione di sapore neoclassico e citazionista nel Centro di Cultura degli Ausoni di Italo Mussa, affiancato da Arnaldo Romani Brizzi, che non ci sono più. Lì si aprì la storica mostra curata da Achille Bonito Oliva nel 1984, intitolata “Ateliers” perché entrava negli studi degli artisti, lì dove era praticamente nata la cosiddetta Scuola romana che di San Lorenzo prese il nome (con Bruno Ceccobelli, Gianni Dessì, Giuseppe Gallo, Nunzio, Pizzi Cannella, Marco Tirelli, Domenico Bianchi).

immagine per San Lorenzo Art District. Pastificio Cerere - cortile - ph Ottavio Celestino
Pastificio Cerere – cortile – ph Ottavio Celestino

Luigi Campanelli, dopo l’esperienza del Centro di Cultura degli Ausoni, nel 1993 apriva il suo studio a tante attività con il suo Studio Aperto, associazione multimediale per la promozione dell’arte italiana in Europa; e sempre all’ex Pastificio, Oscar Turco organizzava, tra le sue opere, feste magnifiche e ospitava set cinematografici e televisivi; Pino Casagrande inaugurava nella sua galleria mostre bellissime, Oliviero Rainaldi ti accoglieva nel suo quasi ieratico studio-cattedrale e poco più in là, in un edificio attaccato, il più giovane Maurizio Savini organizzava proverbiali spaghettate tra le sue sculture profumate e rosa-Bubble Gum che non erano per nulla così… innocue.

Qualcuno, degli artisti affezionati all’ex Pastificio – che oggi ha anche una sua Fondazione – non se ne è mai andato, altri si sono spostati, taluno è tornato, molti artisti di successive generazioni, più giovani, vi hanno trovato posto (tra tanti: Pietro Ruffo; Leonardo Petrucci, Gianni Politi; Josè Angelino, ora se non erro, spostatosi all’ex Lanificio Luciani; Numerocromatico – artisti, teorici, poeti: un collettivo, creativo e teorico e spazio di confronnto ed espositivo in fase di trasloco –, Alessandro Valeri) dove c’erano anche due pionieristiche Scuole di Fotografia e oggi due istituti superiori didattici con vocazione creativa (Fotografia, Arte, Design, Comunicazione etc.), uno studio fotografico (di Ottavio Celestino, già, precedentemente in area limitrofa) e poi un ristorante, l’Atelier e show room Aspecifico di Myriam Bottazzi, con le sue originali creazioni di gioielli (sculture da indossare!) e borse; e un rinnovamento più o meno costanti.

 

Le cose, nel tempo, sono cambiate: San Lorenzo ha avuto una decadenza preoccupante, fatta di degrado e piazze di spaccio e la riqualificazione è stata troppo sulle spalle del volontariato e di comitati; o affidata alla Street Art che ha cercato di lasciare un segno artistico, politico e sociale ma ormai rischia di essere mera decorazione e temporaneo imbelletamento urbano, ed è spesso sfruttata per la gentrificazione imperante.

Le istituzioni, invece, non-vedono-non-sentono-non-parlano: sovente preferiscono sgombrare luoghi e fermare iniziative autogestite che comunque funzionano e portano cultura, servizi e socialità alla collettività, piuttosto che agire per predisporre una virtuosa e duratura visione e costruzione di futuro a beneficio comune, a partire dagli abitanti del quartiere.

Per fortuna, in questa opacità hanno continuato a splendere attività e persone resilienti: prime tra tutte gli artisti e chi di arte si occupa.

Sa.L.A.D. – San Lorenzo Art District – nasce per contribuire a crearlo, un presente e un futuro all’altezza, per mettere a regime e in rete sforzi, produzione, attività e realtà comuni; per amplificarle e aprirle questo Distretto, per valorizzare l’impegno creativo e culturale sul territorio e farlo conoscere anche alle persone meno di settore…

Soprattutto, dando vita a una connessione tra ognuno, a una Rete basata su affinità elettive, emotive e professionali e, infine, promuovendo la creazione di possibili ponti che colleghino questo arcipelago al resto del mondo.

L’idea è venuta all’artista Alessandro Calizza (Roma, 1983), che dal 2012 ha preso un suo primo studio sanlorenzino, e a al curatore Tommaso Zijno (Roma, 1989).

A loro chiedo:

 San Lorenzo ha avuto un carattere molto definito e di profondo impegno ideologico, sociale e culturale: perché, secondo voi, nel tempo ciò venuto meno?

Purtroppo crediamo sia una dinamica che ha investito in generale tutta la nostra società, e laddove la dimensione politica e culturale di un luogo era predominante, come a San Lorenzo appunto, probabilmente gli effetti sono stati molto più dannosi ed evidenti che altrove.

Inoltre tale declino è stato senza dubbio amplificato da una gestione scellerata del territorio, che ha visto aumentare i prezzi degli affitti dei locali, prima artigiani, e la concessione di un numero elevato di licenze per pub, minimarket e attività commerciali che nulla possono portare alla riqualificazione del quartiere. Ben venga che ci siano attività commerciali e dedicate alla ristorazione, ma ci vorrebbe più equilibrio. Questi fattori insieme difficilmente avrebbero potuto portare ad esiti diversi.

Oggi cosa manca e cosa ha di più rispetto ad altre realtà, quella di San Lorenzo?

Fatto salvo per il Municipio II, che si sta dimostrando attento a proposte e idee da parte delle diverse realtà territoriali, manca la volontà politica di valorizzare e tutelare il quartiere.

Si sgomberano luoghi che creano cultura e si approvano progetti per aree come l’ex dogana, che poteva essere un polo di incredibile valore culturale e sociale; sia chiaro, nulla di quanto ci sia stato fino ad ora ha avuto tale intento, che era piuttosto una delle tante facce della gentrificazione e che si è evoluto nella sua naturale conclusione: l’idea di fare di quel posto uno Student Hotel di lusso con tassazioni minime.

Rispetto ad altri luoghi, San Lorenzo ha una conformazione unica, si sviluppa su un’area raccolta e ben definita, mantiene uno spirito popolare vero ma allo stesso tempo è praticamente al centro di Roma.

Per le sue origini offre ancora spazi perfetti per studi e gallerie a prezzi che nel resto del centro di Roma sarebbero impensabili. Inoltre e soprattutto, a San Lorenzo c’è una concentrazione sorprendente di studi d’artista, gallerie e spazi dedicati all’arte ed alla cultura.

Di cosa avrebbe davvero bisogno per riposizionarsi come distretto artistico culturale e perché ritenete che questo sia l’ingrediente basilare per una sua rifioritura urbana e non solo urbana…?

Come prima cosa c’è bisogno di dare un volto a questa dimensione, come recita quello che è diventato il motto di Sa.L.A.D. a volte c’è solo bisogno di dare un nome alle cose perché tutti le possano conoscere. Poi ovviamente sarà importante avere il sostegno sia di chi dall’esterno può facilitare la crescita di un’esperienza ed uno strumento come Sa.L.A.D., sia dei vari attori che ne saranno i protagonisti.

Siamo entusiasti della risposta che il progetto ha avuto e sta riscontrando tra gli artisti e le gallerie del territorio. Sarà fondamentale creare sinergie con altre realtà sia Italiane che internazionali per dare forza e solidità a un’idea che, potremmo dire, ha appena iniziato a costruirsi un corpo.

Riguardo a quanto tutto ciò possa essere motore di una riqualificazione realmente virtuosa (anche chi gentrifica parla di riqualificazione) del quartiere, non abbiamo dubbi che l’arte e la cultura, soprattutto se volte a generare confronto e quindi coscienza, siano se non l’unico il migliore dei modi possibili.

Cosa è esattamente Sa.L.A.D., come si struttura, su quali collaborazioni e competenze si appoggia, qual è la sua missione nel presente e quale prospettive si dà nel suo futuro?

Sa.L.A.D. vuole essere uno strumento per poter rendere immediatamente visibile tutta la ricchezza artistica e culturale del quartiere di San Lorenzo. Vivendo quotidianamente il quartiere e la sua dimensione legata all’arte è stato quasi naturale per noi volerla valorizzare e raccontare.

Arriviamo tutti da percorsi che ci hanno dotato delle competenze per poter immaginare di intraprendere un’avventura del genere, tanto bella quanto impegnativa. Tutti noi abbiamo esperienza di project & management culturale, e casualmente abbiamo tutti esperienza nella gestione di riviste e progetti editoriali, altro tema che ci piacerebbe sviluppare anche per quel che riguarda Sa.L.A.D.

È stata poi fondamentale la collaborazione con il MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea de La Sapienza, che ci ha sostenuto inserendo il progetto tra quelli in cui studenti e studentesse di storia dell’arte possono svolgere il loro tirocinio formativo, dandoci un grande aiuto fin dal primo momento.

Se principalmente Sa.L.A.D. vuole quindi farsi amplificatore di questa faccia del quartiere, le sue potenzialità sono senza dubbio ben maggiori. Abbiamo ricevuto proposte di collaborazioni da numerose realtà nazionali ed internazionali e a breve saremo partner o promotori di numerose iniziative.

Le prime già in calendario ad esempio sono l’arrivo di tre artisti libanesi che svolgeranno una residenza d’artista presso lo spazio OMBRELLONI. Il progetto, di cui siamo felici di esser partner, è promosso da OTTN Project, BAR (Beirut Art Residency) e la galleria Materia, con sede a San Lorenzo.

A Luglio saremo poi partner del festival CHARTA – A Photo Book Festival, promosso da Yogurt Magazine e The Paper Room, anche questi con base nel quartiere, e sostenuto dal MIC; a settembre è previsto il primo dei talk che stiamo ideando insieme al critico d’arte e curatore Davide Silvioli, mentre sempre tra settembre ed ottobre, grazie ad una collaborazione con Osservatorio Futura di Torino, sosterremo la residenza di due artisti torinesi qui a San Lorenzo, e due artisti “sanlorenzini” saranno a loro volta ospitati negli spazi di Osservatorio Futura.

Insomma le premesse sono ottime, le direzioni in cui potrebbe svilupparsi il progetto sono davvero molte e le potenzialità infinite.

A quali mancanze vuole sopperire Sa.L.A.D. e cosa potrà produrre a lungo termine?

Sicuramente vuole inserirsi in quel vuoto o meglio quella distorsione narrativa del quartiere: oggi San Lorenzo viene preso in considerazione dai media solo per fatti di cronaca nera o come esempio di quartiere allo sbando e da riqualificare.

Poi e soprattutto vuole dotare sia artisti e gallerie che pubblico di uno strumento utile a poter promuovere o conoscere alcuni dei protagonisti e degli eventi che animano la scena artistica romana e non solo. A lungo termine speriamo che si inneschino processi che possano da un lato generare un confronto tra artisti, gallerie e pubblico, dall’altro a riposizionare San Lorenzo e dargli finalmente la dignità e l’importanza che gli spetta in quanto distretto dell’arte di Roma, contribuendo a riportare la città al centro della scena artistica nazionale e internazionale.

Sarà importante promuovere la creazione di reti e collaborazioni in Italia e all’estero che possano rafforzare tali processi e accendere riflettori di tutt’altro tipo rispetto a quelli odierni sul quartiere.

Questa mappatura che è quasi un archivio dell’arte e della cultura a San Lorenzo, di che numeri si compone?

Ad oggi siamo entrati in contatto con più di 60 artisti e oltre 10 spazi espositivi tra gallerie, fondazioni e altri di vario genere dedicati anche alla formazione, come RUFA o ISFCI.

Se pensiamo che l’area interessata da tutti questi luoghi si percorre a piedi in non più di 15 minuti è facile capire quanto tale situazione sia davvero straordinaria. Negli ultimi anni numerosi artisti hanno deciso di prendere studio qui, nuove gallerie stanno per aprire o traslocare e questi numeri sono destinati a crescere.

L’esperienza della galleria Il Mascherino è esemplare in tal senso: una galleria storica che decide di spostarsi dal centro di Roma (Borgo Pio – n.d.R.) a San Lorenzo. Non potremmo trovare esempio migliore per raccontare quello che ci auguriamo possa essere il futuro del quartiere.

L’ex Pastificio Cerere – quasi una cittadella nel quartiere – come luogo tra i più noti e gremiti di artisti già da tanto tempo, quanto è già di per sé un Art Discrict catalizzatore e ispiratore per Sa.L.A.D.? Quanto è rappresentativo? Vi risulta qualcosa di vagamente paragonabile in altre aree di Roma?

Senza dubbio la realtà del Pastificio Cerere è una delle più rappresentative per quel che riguarda l’idea di rivalorizzazione dei luoghi e del territorio attraverso l’arte.

Potremmo dire che per l’ex polo industriale l’esperienza del Pastificio (con studi, Fondazione Pastificio, Rufa, ISFCI e molto altro) è stata ed è quello che vorremmo Sa.L.A.D. possa essere per l’intero quartiere: uno strumento di rinascita e allo stesso tempo l’occasione per gli artisti e le gallerie del territorio di arrivare ad un pubblico ancora più ampio ed attento.

San Lorenzo brulica di spazi ed energie, pensiamo ad esempio all’artist run space OMBRELLONI a via dei Lucani 18, dove troviamo più di 15 tra artisti, poeti, filmmaker e artigiani. Ci sono poi gli studi di via tiburtina 213 dove assieme a Paolo Tamburella ci sono tra gli altri David Quayola, Emiliano Maggi o Numero Cromatico. Per non contare gli studi individuali che sono presenti praticamente in ogni via del quartiere.

In quest’ultimo anno, poi, Roma ha mostrato una vitalità inaspettata ai più. Nonostante o forse proprio in seno alla crisi generata dalla pandemia sono nati diversi spazi direttamente gestiti da artisti, che oltre ad avere lì il proprio studio stanno animando la scena artistica romana con incontri, talk, mostre, presentazioni e molto altro.

Al fianco del già citato OMBRELLONI pensiamo a Spazio Mensa nell’ex Cartiera sulla Salaria, Post Ex a Centocelle, Paese Fortuna e Limone Art Space all’Ex Lanificio, Castro Project a Trastevere o altri come Spazio In Situ, Spazio y e Off1c1na con già qualche anno di esperienza alle spalle; e la lista potrebbe essere ancora più lunga.

So che la mappatura/Sito sarà via via articolata ulteriormente, implementata, coinvolgendo altre realtà produttive culturali e creative… Ci potete dare qualche anticipazione?

A brevissimo completeremo e integreremo nel sito, sviluppato da Matteo Catania, anche tutta la parte legata alla street art, ma non solo quella più istituzionale ed evidente.

Ogni via è ricoperta di interventi tra stencil, adesivi, murales e altri tipi di opere che rappresentano una traccia secondo noi fondamentale da raccontare. Tutto ciò verrà mappato nel portale e chi vorrà così avrà i riferimenti per ritrovare anche le opere più nascoste. Ci sono poi librerie e spazi di diverso tipo dedicati alla letteratura e all’editoria che costituiscono un altro importante punto di forza di San Lorenzo e che sarebbe bello valorizzare.

Il lavoro è tanto e ci stiamo muovendo un passo alla volta, anche perché essendo appena nato ad oggi è un progetto interamente autoprodotto e trovare risorse in termini tecnici, economici e di tempo non è semplice.

Potete raccontarci qualcosa che vi ha colpiti di più in questo vostro cammino: episodi, incontri, persone…?

Più che un aneddoto preciso la cosa più bella che possiamo riportare è stato l’atteggiamento di quasi la totalità degli artisti o degli spazi contattati.

Sin da subito è stato chiaro che ci fosse grande voglia di veder nascere un progetto del genere e che forse molti lo desiderassero già da tempo. Poter poi incontrare molti degli artisti e delle artiste del quartiere, entrare negli studi, spesso in ex complessi industriali di grande fascino, conoscerne meglio le storie e i protagonisti è stato sicuramente uno degli aspetti più belli del lavoro che stiamo facendo.

Non ci si aspetterebbe mai ad esempio di trovarsi un orto con tanto di polli a via tiburtina in quella che prima era una fabbrica metallurgica o di scoprire da Otello Scatolini sculture piantate tra le radici di un ulivo e scolpite a seguito di una chiacchierata con Jodorowsky; o pensiamo a quando ci siamo ritrovati a tavola con un Premio Oscar e una Palma d’oro in uno degli studi tra i più rappresentativi della vita quotidiana a san Lorenzo, dello scultore Bruno Melappioni.

Quello che stiamo capendo più di ogni altra cosa è che la ricchezza di questo quartiere non sta solo nella (meritatissima) fama di alcuni degli artisti o degli spazi che lo animano.

Ma anche e forse soprattutto in tutte quelle piccole o grandi esperienze, negli incontri, nello scambio, nella scoperta che accompagna chiunque si metta in ascolto e dialogo, con attenzione e sensibilità, di un pezzo di Roma che ha sì delle asperità, ma anche infinite e bellissime sfumature di colori.

Pensate che Sa.L.A.D. possa essere un modello esportabile altrove, a Roma e fuori?

Potrebbe. Poi ogni luogo ha la sua identità e le sue dinamiche e bisognerebbe capire di volta in volta la formula migliore con cui raccontarlo e animarlo.

Un distretto dell’arte per essere tale deve avere alcune caratteristiche di base da cui partire: una definizione territoriale chiara, una presenza corposa di studi e/o spazi espositivi, e poi un’attitudine di artisti e galleristi, meno tangibile ma fondamentale, al dialogo e all’apertura verso il pubblico e il territorio; oltre che la volontà di aprirsi e fare rete con realtà simili o meno del proprio contesto e di altre città e Paesi.

Dovunque ci siano queste possibilità sicuramente sarebbe bello e importante veder nascere esperienze simili a Sa.L.A.D.

Questa iniziativa in qualche modo, indirettamente, svela tutte le debolezze anche di una città e in generale delle sue amministrazioni: mi sbaglio? Da dove pensate si potrebbe ripartire per guarirla e per migliorare la vita dei suoi cittadini?

Può sembrare un discorso retorico ma bisognerebbe tornare a mettere al centro del dibattito politico le reali necessità dei territori e dei cittadini. Facilitare i processi di confronto e consultazione delle realtà locali, ascoltare chi i luoghi li vive e sostenere anziché ostacolare esperienze virtuose di rigenerazione culturale di spazi pubblici e privati, a prescindere che queste nascano in seno o meno a tavoli politici, spesso più interessati al consenso e ad alleanze strategiche che ad altro.

Tutto ciò ha poi però bisogno di politici non improvvisati che possano tradurre la volontà dei cittadini in atti concreti. È inconcepibile che immensi ex fabbricati industriali vengano abbandonati nelle mani dei privati per farne hotel, studentati o altro anziché impegnarsi affinché possano divenire poli culturali, sportivi, sociali o di qualsiasi altro tipo, ma comunque realmente utili ai cittadini.

Rimane anche l’amaro in bocca ad ascoltare governi dire di voler essere al fianco dei cittadini quando poi sono gli stessi che rendono incredibilmente complicato ed eccessivamente costoso avviare (giusto per fare un esempio) attività culturali o artigianali.

E guardando il mondo dell’Arte, il suo Sistema, anche considerando la situazione terribile di pandemia e chiusure obbligate di tante attività, che giudizio ne date e cosa intravedete per il suo futuro?

I termini crisi e crescita hanno origini comuni e, quantomeno in passato, l’una portava quasi sempre all’altra. Se da un punto di vista sociale e politico è evidente che nel caso della pandemia ciò non si sia dato, nel mondo dell’arte forse si.

Alcune dinamiche asfissianti del sistema fino ad oggi dominante sono state completamente scardinate e messe in discussione. Si è riscoperto il valore dell’artista in quanto tale, a prescindere da chi lo esponga o ne curi il testo critico; non diciamo che tali esperienze siano da rinnegare, tutt’altro, e anzi non vediamo l’ora che riaprano quante più mostre e gallerie possibile, ma forse si era iniziata a dare troppa importanza al contorno e sempre meno al cuore del discorso.

In questo anno studi e spazi collettivi hanno preso forza, gli studio visit sono praticamente all’ordine del giorno in tutta Roma e i progetti per raccontare gli artisti nei loro studi sono molti e davvero interessanti.

Pensiamo ad esempio a Damiana Leoni ed al suo diario fotografico in cui racconta le sue visite agli artisti (e che presto si concretizzerà in sorprese davvero importanti per Roma), o al bellissimo progetto Roma Città Aperta, promosso dalla Nomas Foundation ed in particolar modo da Sabrina Vedovotto e Raffaella Frascarelli e sponsorizzato da Montblanc de la Culture e Arts Patronage Award 2019.

Gli artisti sono tutti innocenti? E i critici, i curatori, insomma, ogni parte della lunga filiera ha, secondo voi, qualche responsabilità in questa profonda crisi, che non è solo economica? Semmai volessero e sapessero, potranno essere determinanti per una rinascita e un’ottimizzazione dell’Art System?

Senza dubbio ognuno ha avuto e continua ad avere la sua posizione e la sua parte di responsabilità in queste dinamiche; galleristi, politici, curatori, critici, ma anche artisti e collezionisti. Ci siamo ritrovati in un sistema fin troppo chiuso ed impermeabile che si pensava autosufficiente.

Un sistema dove ciò che veniva da “fuori” trovava difficilmente spazio o attenzione perché si credeva ne avrebbe minato la solidità e gli interessi. Abbiamo l’impressione che si sia tentato in tutti i modi di tenere in vita, a forza e attaccandolo al respiratore, un “modo” di fare le cose perfetto per gli anni in cui è nato ma oggi non più ideale. La crisi ha scardinato tutto.

Per più di un anno ha tolto spazio al lato social e glitter del mondo dell’arte, dove contava più farsi vedere e intessere pubbliche relazioni che altro, e rimesso al centro del discorso gli artisti, le opere e la qualità dei progetti. Inoltre hanno perso centralità, già minata dai social e dal mondo digitale, molti dei livelli di mediazione tra opera, artista e pubblico prima predominanti.

Quando cadono determinati veli ci si concentra su cosa resta davvero e a quel punto (vista anche la fatica che comporta oggi fare arte, che siano opere, mostre o altro) è difficile continuare a promuovere ciò che non abbia in sé valore e qualità. Sarà davvero importante vedere come istituzioni già solide e chi comunque continua a poter essere un importante risorsa e polo di riferimento nel mondo dell’arte, decideranno di porsi rispetto alle nuove dinamiche che si stanno generando.

Esperienze come Sa.L.A.D. o gli artist run space saranno sicuramente tra i nuovi attori dell’attuale art system. Vediamo se “vecchio” e “nuovo” troveranno il modo di sostenersi a vicenda o si faranno guerra, e si sa che nelle guerre ci perdono tutti.

C’è molto di buono da riscattare di quanto costruito finora, ma probabilmente il mondo dell’arte così come lo conosciamo ha bisogno di rinnovarsi per ritrovare il suo motivo di esistere e, magari, tornare ad avere un ruolo anche in ambito sociale e politico, nel senso più ampio e bello del termine.

Informazioni

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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