Guttuso, la forza delle cose e della narrazione didascalica

Renato Guttuso, Un angolo dello studio in via Pompeo Magno.

Renato Guttuso, perseverante artista di un italianissimo neorealismo figurativo, stimava i sensi imperfetti, ovvero inadatti, da soli, alla resa della realtà nella sua complessità, anche nelle sue pieghe più sensibili e meno evidenti; così, con amore – “La pittura è una lunga fatica di imitazione di ciò che si ama”, diceva nell’ottobre 1980 (citato in: Enrico Crispolti, Leggere Guttuso, A. Mondadori, 1987) -, cercava di “Semplificare le umane passioni”, come scriveva del suo procedere l’amico Leonardo Sciascia (in: La semplificazione delle passioni, in Catalogo della Mostra antologica dell’opera di Renato Guttuso, Palermo, Palazzo dei Normanni, 1971).

“Se la pittura non penetra l’oggetto e non ne svela le vibrazioni, se non arriva partendo dall’oggetto e dall’osservazione sentimentale di esso alla creazione di un equivalente plastico dell’oggetto non si perviene alla poesia, ma si precipita nella fotografia”. Sentimento, dunque, come indicava egli stesso in un articolo del marzo 1933 (su “L’Ora”, a proposito di Pablo Picasso), e la poesia delle cose: era quello che desiderava restituire con la sua pittura veemente, il suo segno perentorio, le sue composizioni spesso reiterate nei soggetti. Tra questi, la Natura Morta era un genere assai praticato dal controverso artista. La mostra  GUTTUSO. La Forza delle cose a Villa Zito a Palermo ne raduna ben 47 che  provengono da prestigiose sedi espositive tra le quali il MART, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, la Fondazione Magnani Rocca, i Civici Musei di Udine, il Museo Guttuso, la Fondazione Pellin e da alcune collezioni private.

Ci sono opere degli anni Trenta e Quaranta, dove la drammaticità pittorica, quasi espressionistica nei tratti, rivela la terribile condizione esistenziale personale e collettiva provocata dalla dittatura e dalla tragedia della guerra; ci sono quelle del dopoguerra, come Finestra (1947), o Bottiglia e barattolo (1948), che evidenziano l’attenzione per Picasso e il Cubismo e sono orientate verso una sintesi post-cubista tipica di altri artisti italiani, in quegli anni mossi da un recupero della cultura artistica europea. In mostra ci sono anche lavori degli anni Sessanta, tra cui Il Cestello (1959), La Ciotola (1960) e Natura morta con fornello elettrico (1961): sono più meditativi e poggiano anche su una ricerca intellettuale di Guttuso, fatta di scritti, di temi del realismo e dell’informale. Infine, ecco i dipinti anni Settanta-inizio anni Ottanta che incarnano una spasmodica ricerca del reale attraverso allegorie, metafore: Cimitero di macchine (1978), Il pane (1978) Teschio e cravatte (1984), Bucranio, mandibola e pescecane (1984).

Se il Guttuso migliore è e resta quello dei quadri-manifesto, pur nella loro didascalica narratività, e forse proprio per questo esemplari – in mostra c’è la celebre Crocifissione 1940-41 – le sue Nature morte hanno una loro pregnanza espressiva importante nella sua ricerca generale perché tradiscono la lotta – che sempre in Guttuso vedo emergere – tra una figurazione più retinica e una più semplificata, liberata e meno ottica… Sono, in ogni caso, Nature vive, pezzi di quotidianità protagonisti della scena, con i singoli oggetti che ne fanno parte tutti con un loro carattere analitico, con una dignità costruttiva singola ma allo stesso tempo di compartecipazione corale. Personaggi di un’epica della banalità, del quotidiano.

Sia come sia, altrove, per esempio nel 1947, qualcun altro (Gruppo Forma 1) dipingeva arte astratta rivoluzionaria, interessandosi non al limone ma alla forma-colore del limone e rifiutando di farsi piffero della rivoluzione (Elio Vittorini e il “Politecnico” vs Togliatti).

Info mostra

  • GUTTUSO. La Forza delle cose
  • a cura di Fabio Carapezza Guttuso e Susanna Zatti, direttrice dei Musei Civici di Pavia
  • Villa Zito, Palermo
  • 22 dicembre 2016  – 26 marzo 2017
  • Ufficio StampaCivita
    Antonio Gerbino – Tel. 335 413512, Email press@civitasicilia.it
    Barbara Izzo-Arianna Diana, Tel. 06 692050220-258, Email b.izzo@operalaboratori.com
  • L’esposizione è promossa da Fondazione Sicilia, con Sicily Art & Culture e in collaborazione con gli Archivi Guttuso e il Comune di Pavia – Assessorato alla Cultura e Turismo
  • Organizzazione: Civita e ViDi
  • Unicredit è il Main sponsor dell’iniziativa, che si avvale inoltre della sponsorizzazione di Banca Sistema e Igea Banca, oltre a Radio Monte Carlo (Radio ufficiale della mostra), Rai Teche e Visiva come media partner.
  • Il catalogo edito da Skira, oltre ai saggi dei curatori, presenta un contributo del Professor Antonello Negri.
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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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