Hermann Nitsch al CIAC di Foligno. Per un’arte e una liberazione totali. Forse

HERMANN NITSCH, mostra CIAC, Foligno, marzo 2017 - ph. B. Martusciello

E’ possibile affrancare anima e corpo da tabù religiosi, moralistici e sessuali tramite riti purificatori collettivi, orgiastici, che, coinvolgendo tutti i sensi, connettano l’essere umano alla sua parte più profonda, misterica e primeva? Uscendone più sani e liberi? Secondo Hermann Nitsch sì. Ma ciò ha un prezzo e delle conseguenze, in ogni caso.

Il maestro austriaco, esponente di punta dell’Azionismo viennese e creatore di performance e installazioni rimaste memorabili e assai assai discusse, ne è certo: il suo Teatro delle orge e dei misteri “concentra l’esperienza intensa, il rituale nel senso della forma, creando un festival dell’esistenza, un’esperienza concentrata, consapevole e sensuale, del nostro esser(ci)”. L’eco di questa sperimentazione catartica e drammatica è visibile nella parata di opere – una quarantina, divise in 9 diversi cicli di lavori, realizzati tra il 1984 e il 2010 – allestite al CIAC Centro Italiano Arte Contemporanea di Foligno sino al 9 luglio, nell’importante, sontuosa personale Hermann Nitsch O.M.T. Orgien Mysterien Theatre (Teatro delle Orge e dei Misteri) – Colore dal Rito curata da Italo Tomassoni e da Giuseppe Morra che dal 1974 è l’ormai storico gallerista nonché editore degli scritti di Nitsch, al quale ha dedicato un Museo aperto nel 2008 a Napoli.

HERMANN NITSCH, mostra CIAC, Foligno, marzo 2017 – ph. B. Martusciello
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La mostra presenta grandi tele dove domina il colore, ovviamente e inevitabilmente rosso, versato o schizzato attraverso la sua pittura d’azione; e opere traccia di azioni teorico-dimostrative in cui si evince la sua idea del cosmo; vediamo anche 130.aktion installazione di relitti (2010 Museo Nitsch Napoli), dove l’artista compone opere che sono autonome ma allo stesso tempo rielaborano tracce delle sue precedenti azioni sceniche, con elementi da esse derivanti: ampi teli bianchi, camici macchiati di sangue, barelle trasformate in tavoli, are, altari, bisturi, divaricatori, provette e alambicchi che rimandano al corpo e ai suoi umori; emblematiche zollette di zucchero e più prosaici fazzolettini di carta tutti ordinati in file regolari, a suggerire sensazioni di freschezza e purezza. Sono esposte anche alcune stampe su tela come Die Eroberung Jerusalem, 1971-2008, Grablegung, 2007 e Ultima cena, 1983, opere di ispirazione religiosa dove Nitsch “è affascinato dall’emanazione sensuale del rituale, soprattutto dall’Eucarestia che fa di ogni individuo un Cristo”. Cibi semplici ed essenziali dell’uomo, come il pane e il vino, diventano “strumenti dove vita e morte si compenetrano e, grazie al rito, fanno rivivere l’essenza del mondo, la trasformazione dalla morte alla resurrezione, rendendoci consapevoli dell’amore altruista”. L’installazione di dieci tavole disegnate con pastelli a cera, Tavole di colore, 2008, l’artista ci mostra il suo rapporto diretto con il colore cercando un’opportunità di accrescimento della sua bellezza tramite “l’arte combinatoria” e di individuazione dei “rapporti sinestetici con le altre percezioni sensoriali”. Altre installazioni sono quelle create per il Museo Nitsch di Napoli nel 2010, in cui ritornano alcuni oggetti utilizzati nei celebri Relitti: immagini di Cristo, zollette di zucchero, abiti talari, boccette, polveri, cerotti, siringhe e pinze. Un po’ corpo fisico e un po’ corpo spirituale, avvolto – suo malgrado – da quello inteso dalla religione.

In mostra anche nove litografie del ciclo The Architecture of the O.M. Theatre realizzate tra il 1984 e il 1987-1991 e vari volumi scritti da Nitsch nel corso degli anni, a testimonianza della sua vasta attività teorica.

Si badi bene: l’artista sottolinea più volte, a scanso di equivoci, che la quasi interezza delle opere è da considerarsi relitto delle performances; ne deriva una messa in scena immobile – a parete e installativa – da guardare, che suggerisce, cita ma non può bastare a comprendere fino in fondo la complessità della ricerca di Nitsch che va vissuta con lui. La mostra aiuta a farlo, però, eccome: è una commemorazione, baroccheggiante, dove informalealtra forma – tachisme, colature, gestualità, impronte, colore e materia (molto è sangue animale) palesano un contenuto cangiante, se pure legato a una ripetizione azionistica, che quasi magicamente si fa dinamico inno alla vita, festa di redenzione. Lontanissima anni luce da ogni oscurità che, infatti, l’arte – quest’arte di Hermann Nitsch – ha affrontato e infine sublimato consegnandoci una mostra magnifica, fatta di opere bellissime, calibrate e al contempo libere e liberatorie. Tacendo, in questa analisi e nel discorso, per ora, quali e quanti tributi sacrificali vi siano alla base. Essi furono, tra l’altro, in parte cagione, nel 1965, dell’incarceramento di Nitsch – per due settimane – e di vibranti, costanti proteste animaliste che non si sono mai fermate: è notizia di questi giorni della raccolta di firme (già più di duemila) indetta dalla Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals, contro lo svolgimento della 150.Aktion in programma a giugno, a Hobart, Tasmania, nell’ambito del Dark Mofo (www.darkmofo.net.au), importante festival di musica e arte organizzato dal Museum of Old and New Art. Le polemiche e le petizioni non hanno intaccato la centralità di Nitsch nella Storia e nel Sistema dell’arte e la sua posizione di (in)discusso, provocatorio autore internazionale.

Fin dal 1957 Hermann Nitsch (29 agosto 1938, Vienna) concepisce, intimamente legato alla tradizione cristiana, a conoscenza e suggestioni filosofiche e anche influenzato dalla psicoanalisi di Abreaktion – ovvero la scarica emozionale che consente a un soggetto di rimuovere gli effetti di accadimenti dolorosi – un’arte che, come scrisse anche nel suo manifesto del 1963, “non deve e non può tacere. L’intera sfera della vita deve accumularsi in essa […] ogni discesa nel perverso, nel disgustoso avviene nel senso di un salvifico rendere coscienti”. Il Teatro dell’Orgia e del Mistero, Orgien Mysterien Theater, che dal 1971 ha sede nel suo castello di Prinzerdorf in Austria, è tutto ciò: una forma di opera totale, musica compresa, in cui, nel corso di giorni, sono coinvolti attori “passivi” e “attivi”, ovvero “persone a cui vengono fatte delle cose e persone che fanno delle cose” – mi dice – e che, dunque, mettendo in scena azioni reali, procede nell’attivare un riscatto tragico. Ciò, va detto, avviene tramite atti durissimi, estremi, sanguinosi – con immolazione di animali –, evocativi, di rimando ad antichi culti, di onanismo e di parossismo dionisiaco, ma anche di contemplazione, di viscerale legame con la Natura, anche quella più efferata: un tutto che avvicinare la  vita alla morte. Da questa esperienza l’essere umano “esce più forte”, assicura l’artista e confermano quanti vi hanno preso parte almeno una volta: personalmente, stimo che ne venga fuori sicuramente diverso. Lungi da noi dare un giudizio censorio, impelagarsi in discussioni perbeniste, in critiche moralistiche e, insomma, portare avanti tesi antistoriche che con l’Arte nulla hanno a che fare, è però certo che: 1) non accoglierò il gentile, generoso invito di Hermann Nitsch a partecipare al suo prossimo O.M.T. a Prinzerdorf;  2) difenderò fino alla morte – parafrasando Stephen G. Tallentyre (Evelyn Beatrice Hall) in The Friends of Voltaire / Gli amici di Voltaire, 1906 – il suo diritto a dire, a fare e a farlo; 3) segnalo questa come una delle più importanti, migliori, intense, istruttive e belle mostre di arte contemporanea degli ultimi anni.

Info mostra

  • Hermann Nitsch O.M.T Orgien Mysterien Theatre (Teatro delle Orge e dei Misteri) Colore dal Rito
  • A Cura di Italo Tomassoni e di Giuseppe Morra
  • Dal 25 marzo al 9 luglio 2017
  • CIAC Centro Italiano Arte Contemporanea di Foligno
  • Via del Campanile, 13
  • tel. 0742 481222 – 342 3682454 – info@centroitalianoartecontemporanea.it
  • www.centroitalianoartecontemporanea.com
  • Apertura e orari mostra: Venerdì 16.00-19.00, Sabato e Domenica 10.30-12.30 – 16.00-19.00
  • Biglietto: € 5,00; ridotto € 3,00. Ingresso gratuito per: ragazzi fino a 14 anni,  scolaresche e portatori di handicap
  • Ufficio Stampa: Lucia Crespi, tel. 02 89415532 – 02 80401645, lucia@luciacrespi.it
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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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