Manuale artistico per esercitare la propria stupidità.

Quando mi è arrivato il piccolo pacchetto da Andrea Bianconi ero in compagnia di un sagace 94enne che a certi 40enni può dar filo da torcere. Ancora indaffarata com’ero in alcune urgenti faccende, ho chiesto ad Aldo – così si chiama mio suocero – di aprire il plico e di sfogliare quello che supponevo contenesse: un catalogo o un libro, quasi certamente.

Dopo un po’ di minuti, ho sentito Aldo sghignazzare; dopo una breve pausa farlo di nuovo; poi ancora, fino a ridere più liberamente, commentando, infine: non so se è un’opera d’arte, una cosa per bambini o altro ma mi è piaciuto, è divertente, buffo, mi ha messo allegria.  

Quando un autore che lavora con la materia dell’ironia giunge a far ridere e a mettere allegria, oltretutto facendolo in modo non scontato, non didascalico (prova ne è il non aver chiaro, da parte di chi ne fruisce, di che genere di creazione, di che tipo di prodotto esattamente si tratti), può ritenersi soddisfatto e la sua opera – a qualsiasi categoria appartenga – riuscita.

Dunque come è fatto questo libello-opera (di Andrea Bianconi, cura di Luca Fiore, che ha redatto anche un breve testo e firma anche il Design; datato 2022, è editato da Skira) titolato Manuale per esercitare la propria stupidità e qual è il suo significato? Raccoglie disegni-vignette buffe, spiegate da frasi in stampatello a guisa di regolette per – appunto – allenarsi ad allenare la (propria) stupidità.

Basandosi le immagini e i testi sul registro del paradosso, è chiaro come tutto qui strizzi l’occhio alla pratica del non-sense (“Di fronte ad uno specchio tirarsi le orecchie e uscire la lingua”; “fare il verso dell’orso”; guardare le proprie dita e contare fino a 5. L’uso della voce è consigliato”; “giocare a ping pong con la testa” e via di seguito): surrealisteggiante, anzi, dadaistica.

Il senso è nel non senso… Lo esplicita, Bianconi, citando e inserendo una frase del grande musicista (Talking Heads), scrittore e artista David Byrne (nello spettacolo American utopia, 2019): “Gli artisti dada facevano cose senza senso per trovare un senso in un mondo che non ha senso”. Byrne, da parte sua, confessò al collega e amico Brian Eno di scrivere, a volte, cose che nemmeno lui riusciva bene a capire…

Ma… cosa è esattamente la stupidità? Singolare femminile (argh!!), deriva dal latino stupidĭtas -atis, der. di stupĭdus «stupido»; come Treccani dettaglia, significa, letter.: stato di torpore, insensibilità o sbalordimento, causato da condizioni fisiche o morali; non comune: buaggine, imbecillità; popolare: castronaggine; (spregiativo: microcefalia e (non comune) ocaggine, scemenza. Il suo contrario: intelligenza, acume, perspicacia, (lett.) sagacia.

Il nostro artista convoca la stupidità ma in verità suggerisce di non prendersi troppo sul serio e di non farlo nemmeno nei confronti di certi accadimenti nella vita; pare più esercitare la satira, con un sottotesto politico: attraverso l’arte e la cultura da una parte è immaginabile approdare in altri territori del pensiero, eludendo la realtà-reale attraverso la fantasia, che poi a suo modo contiene e sublima quella realtà tangibile; dall’altra è possibile intendere proprio la realtà-reale meglio, in modo trasversale e non omologato.

Dunque di che stiamo parlando? Di stupidità o di ironica leggerezza con un velo di saggezza? Di una scintilla sovversiva nascosta sotto la cenere della dissimulazione?

“La fantasia distruggerà il potere e una risata vi seppellirà!” (frase attribuita all’anarchico, filosofo e rivoluzionario Michail Aleksandrovič Bakunin e adottata dal movimento del ’77 italiano).

Del resto, è molto vero: “pazzianno pazzianno Pulecenella dicette ‘a verità”, come anche faceva Arlecchino, come sosteneva pure Sigmund Freud e prima di lui Orazio (nei Sermones, o Satire, 35 a.C.: Ridentem dicere verum: quid vetat?).

Questo libricino-opera, questo coso, può essere una medicina? Un più illusorio palliativo? Una pozione magica? Un invito al gioco?

Luca Fiore fa bene a ricordare Sei lezioni di disegno (2016) dell’artista sudafricano William Kentridge in cui, per descrivere ciò che avviene nel suo studio d’artista, e forse un po’ l’atelier stesso, dice che ciò rappresenta la “creazione di un luogo sicuro per la stupidità”.

Ebbene, sempre secondo Kentridge: “dagli interstizi aperti da quegli stessi gesti stupidi mettiamo in atto, vediamo e anche rendiamo onore al contributo che diamo alla comprensione del nostro mondo.”

Idealmente, Andrea Bianconi ci regala un artistico “aiuto alla vita”, che, va da sé, pur non la sostituisce; un primo soccorso – oltretutto bello – per poterla sopportare e per sopportarci meglio, facendoci qualche domanda in più e investendo sulla nostra umanità e capacità di ironizzare. Perché lo sappiamo: (Victor Hugo docet!) “È dall’ironia che comincia la libertà.”.

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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