Raffaella Carrà che vestì il varietà di libertà sessuale e autodeterminazione femminile

Raffaella Carrà era nata lo stesso anno di Mick Jagger e ha sparigliato anche lei, a suo modo e in Italia, le carte del tavolo di un Paese benpensante, conservatore, ingrigito e affetto da  maschilismo – mai sconfitto -, imponendo un suo stile, un suo modo di vestire e comunicare con il proprio corpo – minigonne, caschetto sbarazzino, ombelico a vista nel 1970 in Tv, canzoni ammiccanti, ballo sfrenato e abiti spettacolari -, incarnano un cambiamento dei tempi e della pubblica morale ma anche il diritto all’autoaffermazione di sé e all’autodeterminazione come e della donna.

Con ironica nonchalance, ha portato un piccolo contributo al sovvertimento del bigottismo rivolto sempre e ovunque contro l’autonomia femminile mostrando che la spensieratezza e libertà sessuali erano leciti e lo erano anche e soprattutto per le donne.

E più la censura e la reprimenda (RAI, Democrazia Cristiana, Vaticano) si abbattevano su di lei e i suoi shows televisivi, le sue danze, i suoi outfit, le sue canzoni (Tuca Tuca; il più volte remixato e ballato A far l’amore comincia tu; Tanti auguri), oltre che sulla sua vita privata, più lei andava avanti: con gentilezza, con il sorriso ma senza fare passi indietro. Altro che Cher, Madonna, Britney Spears e pletora di pallide emule…

Penso che Raffaella Carrà abbia fatto più per liberare le donne di molte femministe”, ha affermato arditamente l’artista Francesco Vezzoli quando, nel 2017, curò TV 70, una mostra sulla televisione italiana degli anni Settanta per la Fondazione Prada.

Omaggiata da colleghi (Alberto Sordi riuscì a far tornare digeribile in RAI l’osteggiatissimo e sexy “TucaTuca”) e persino da el Pibe de Oro (Maradona, a cui era legata da amicizia, fu più volte ospite in sue trasmissioni, tra le quali Carramba che sorpresa nel 1998), celebrata da artisti visivi (il citato Vezzoli; e Francesco Impellizzeri già nei primi anni 2000) e da musicisti (Tiziano Ferro, ad esempio; ed Elio e le Storie tese con i qualità si esibirà in una più recente Presidance assai poco nonsense), icona lgbtq per le sue schiette difese dei diritti della comunità e di genere, la Carrà è un pezzo di storia della TV e del costume italiano; è fenomeno raccontato anche sul prestigioso “The Guardian“, che l’ha descritta come simbolo Pop in grado di “insegnare il sesso alle casalinghe” in epoca ancora in questo senso retrograda (un po’ come fecero e furono gli Abba); è poi madrina dell’intrattenimento più misurato e nazionalpopolare, in anni meno “formidabili” e di rottura.

La Raffaella nazionale (pseudonimo di Raffaella Maria Roberta Pelloni, nata a Bologna nel  giugno del 1943), colei che con non poca supponenza e cecità Maurizio Costanzo bollò come “La regina del così così” (erano gli anni di Canzonissima e della sua co-conduzione) se ne è andata (a Roma, 5 luglio 2021), dopo una lunga malattia e una vita ultimamente piuttosto ritirata e sempre assai riservata ma mai dimenticata dai suoi fans e dal Cinema, ad esempio, che a lei si è ispirata anche per un recente film oggi reperibile su Amazon Prime.

Ora… aspettiamo un ennesimo murale a lei dedicato e speriamo almeno che le renda giustizia…

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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