Ibrida Festival delle Arti Intermediali. Intervista ai Direttori Leoni e Mastrangelo

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Leoni & Mastrangelo. Ibrida Festival delle Arti Intermediali

Ibrida Festival delle Arti Intermediali  è una kermesse, come il titolo indica, dedicata alla creatività ibridata ed è anche, ormai, una garanzia di qualità e ricerca nell’ambito dell’arte contemporanea e, nello specifico, della video arte, della performance e di tutte le intermedialità.

Concerti, performance, proiezioni, installazioni, video, audiovisivi portano la firma sia di artisti affermati sia di giovani emergenti a testimoniare una volta di più che questa iniziativa nulla ha a che fare con il mainstream.

A conferma di questa diversità, il ricco programma all’avannguiardia e l’open call internazionale indetta dalla Vertov Project – che organizza il Festival – che ha selezionato 39 video, tra circa 300 lavori arrivati da tutto il mondo.

Ibrida è giunto alla sua 3° edizione incrementando, quest’anno, la propria presenza sul territorio regionale e nazionale e coinvolgendo più artisti. Una novità sono anche le proiezioni collaterali che si svolgeranno per tutta la settimana del festival (dal 5 al 13 maggio) a Palazzo Romagnoli e in Biblioteca comunale.

Francesca Leoni e Davide Mastrangelo, videoperformer e direttori artistici del festival chiariscono il loro obiettivo e quello del Festival:

“Portare a Forlì e in Emilia-Romagna le arti intermediali e la videoarte italiana ed internazionale, puntando soprattutto sugli artisti che lavorano con diversi media, oltre a presentare spettacoli live che ibridano la performance alla musica, al teatro e con il video come parte integrante dell’opera.”

I direttori sono molto aperti alla divulgazione: riconosciamo, infatti, a Ibrida Festival un carattere oltre che di valorizzazione di opere e  autori, anche esplicativo, didattico.

A tal proposito, chiediamo a Leoni e Mastrangelo: ritenete questo come punto essenziale del vostro Festival e qualcosa che vi distingue da altre iniziative simili? E, nello specifico, da quale esigenza nasce la creazione di Ibrida Contemporanea? Da quale o quali mancanze rispetto ad altre mappature contemporanee?

“Ibrida nasce dall’esigenza di dare uno spazio fisico a tutti quegli artisti che, come noi, lavorano nell’ambito della sperimentazione video e della performance utilizzando diversi media.

Rispetto alle mappature contemporanee (e nella nostra regione ci sono festival dedicati di altissima qualità), mancava, a nostro avviso, un luogo dedicato alle ibridazioni, un festival che mettesse la sperimentazione audiovisiva al centro della questione e che desse spazio sia agli artisti affermati che a quelli emergenti.

In Romagna, tra l’altro ci sono diversi festival dedicati al teatro contemporaneo e di ricerca, che negli anni ha creato un pubblico sensibile e pronto alla sperimentazione, dandoci la possibilità di crescere in una terra fertile.”

In questo senso, cosa porta Ibrida Contemporanea al dibattito sulla creatività interdisciplinare e tecnologica?

“Uno degli obiettivi di ibrida è soprattutto quello di portare alla luce le nuove sperimentazioni. Quest’anno per esempio avremo una sessione dedicata alla Post-Internet Art curata dal nostro critico di riferimento e collaboratore Piero Deggiovanni. Ormai la tecnologia è davvero alla portata di tutti e con l’utilizzo di software facilmente accessibili c’è stato a partire dagli anni 2000 un salto notevole nella rielaborazione delle immagini. Con questo non vogliamo assolutamente tracciare dei confini, perché la sperimentazione è sempre stata libera da schemi. Noi in qualità di artisti e ricercatori supportati da critici e studiosi, ci limitiamo a presentare il fenomeno per quello che è. Facendo sì che il nostro pubblico acquisisca una consapevolezza su come si evolve la sperimentazione audiovisiva in tutte le sue forme. Chi verrà a ibrida vedrà artisti che lavorano in modi completamente diversi l’uno dall’altro ibridando secondo la loro ricerca più media contemporaneamente. Ed è questa la ricchezza del nostro giovane festival.”

Su quali basi selezionate chi parteciperà al Festival? Cosa deve avere un’opera per essere giudicata all’altezza? Cosa che, al contrario, ritenete lontano dalla vostra visione e dall’Arte?

 “Abbiamo diverse sezioni video all’interno di Ibrida. Una selezione curata da Piero Deggiovanni, critico d’arte contemporanea e docente dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, da tempo collaboratore del nostro festival. La seconda sessione video di solito è curata da un festival diverso ogni anno. Quest’anno ci siamo rivolti agli Strangloscope che gestiscono un festival internazionale in Brasile a Florianopolis, e che ci faranno una selezione di video brasiliani. Il Brasile, infatti, è molto attivo nell’ambito della sperimentazione video e possiede diversi festival dedicati di altissimo valore culturale. La terza sezione viene curata dalla Vertov Project che è l’organizzazione sulla quale verte tutto il festival. Quest’anno, in particolare, sempre nell’ottica di scouting (che è anche uno dei principi base del nostro festival), abbiamo lanciato una open call internazionale. Ci sono arrivati circa 360 video da tutte le parti del mondo. Dovevamo sceglier circa una 30ina di video, ma vista la qualità abbiamo alzato l’asticella e scelti una 40ina.

Noi ovviamente ci focalizziamo sui lavori ibridi, dove appunto le forme artistiche si intersecano per creare un’opera unica nel suo genere: video danza, video performance, found footage, animazione ecc… Cerchiamo di selezionare video diversi tra di loro che diano al nostro pubblico un panorama ampio. Ovviamente abbiamo scartato i video prettamente teatrali come i cortometraggi: perché non in linea con la poetica del festival.”

Avete rilevato la nascita di una tendenza, di una visione comune relativamente alla creatività emergente?

 “Diciamo che, frequentando diversi festival e rassegne come artisti e confrontandoci di continuo con altri colleghi abbiamo notato alcune tematiche e simbologie comuni, mentre per le tendenze è più difficile; ciò perché cambiano di continuo e sono non facilmente tracciabili per loro natura, e proprio per questo abbiamo deciso di concentrarci sulle arti intermediali e sull’ibridazione dei linguaggi come punto di forza della nostra ricerca.”

L’avvento delle tecnologie più avanzate, a costi piuttosto contenuti e facili da usare, e l’imperversare dei Social Network e dei dispositivi afferenti hanno modificato il linguaggio della nuova videoarte…: in che maniera?

“Ogni nuova tecnologia viene automaticamente inglobata nel lavoro degli artisti contemporanei. Le tecnologie e i nuovi software di montaggio rendendo le operazioni più pratiche a chi si avvicina alla sperimentazione.

Ovviamente i social network sono materiale sul quale lavorare. Piattaforme come YouTube o addirittura Facebook sono un luogo dal quale attingere immagini che si evolvono come un inconscio collettivo. Molti artisti manipolano le immagini scaricate da youtube, per rielaborarle ulteriormente. Non è cambiato molto, è la stessa cosa che facevano e fanno ancora alcuni artisti con le pellicole di found footage.”

Possiamo affermare che oggi, rispetto alla videoarte degli esordi, dovremmo parlarne al plurale, esistendo più tipologie di vieoartisti e di prodotti di videoarte?

 “Credo che fosse così anche agli esordi.

Il problema è che la video arte essendo molto giovane verrà sempre messa in discussione. Diciamo che non ci fidiamo dei puristi, personalmente ci piacciono le contraddizioni perché aprono sempre a diverse possibilità esplorative.”

Nell’arte più sperimentale e di ricerca si considerava la possibilità innovativa della “contaminazione linguistica”, del “meltin-pot” e del cosiddetto “intercodice”: dal Futurismo e da gran parte delle Avanguardie Storiche sino agli anni Sessanta e Settanta, ad esempio, agli Ottanta, con l’elettronica, la computer art il digitale in… amorosi sensi; e poi – con l’avvento anche della cosiddetta pittura digitale – agli anni Novanta; oggi si usa più generalmente parlare di “ARTI INTERMEDIALI”. E’ proprio lo stesso significato? E che cosa è per voi oggi  l’intermediale?

 Intermediale, per noi, è un’ibridazione capillare fra i diversi linguaggi artistici, cifra di un nuovo pensiero critico proteso verso la fluidità invece che verso la categorizzazione. Questo lo diceva con altre parole nel “66 anche Dick Higgins artista del movimento Fluxus che fu tra i primi ad esporre l’intermedialità nell’arte contemporanea. Intermediale è un artista ibrido perché calato nel presente. Non a caso il nostro festival si chiama proprio Ibrida. Quindi non parliamo più di contaminazioni artistiche, ma di vere e proprie ibridazioni dei linguaggi.”

Perché è così importante inserire ciò tutto in un Festival dedicato? Non bastano le kermesse che già l’accolgono?

 “Perché semplicemente mancava un evento specifico dedicato.

Spesso i lavori audiovisivi: video performance o performance multimediali vengono inseriti, per lo meno in Romagna, in festival di teatro contemporaneo o sperimentale, assumendo ruoli secondari oppure marginali. Un festival dedicato era necessario per dare il giusto contenitore a queste opere e artisti che possono inserirsi anche in altre tipologie di festival, ma che trovano in Ibrida l’habitat ideale. Inoltre dopo le tue domande in proposito, ci rendiamo conto che la formula del nostro festival è in qualche modo unica nel suo genere, in quanto mette al centro il video come indiscusso protagonista anche dei concerti live e delle performance intermediali.”

L’Arte ha influenzato o citato il Cinema (e viceversa); poi è stata usata in modo anche assai disinvolto negli spot pubblicitari (meno, molto meno il contrario): questa perfezione e bellezza attualmente sempre maggiore nei video pubblicitari non rischia di confondere e di rendere labile la percezione delle differenze, dei confini?  E aggiungo: l’iperproduzione contemporanea di immagini – anche in movimento – non sta provocando un’assuefazione, da una parte, e un gran minestrone in cui è difficilissimo distinguere l’arte da ciò che è altra cosa?

 “Questo è un discorso molto vasto e non basterebbero un paio di considerazioni per liquidarlo. Inoltre su questo argomento molti critici, sociologi e studiosi hanno pareri discordanti. Per quello che ci riguarda pensiamo che non esista un vero confine. Ci sono pubblicità, video clip e film che consideriamo vere e proprie opere artistiche.

Prendiamo le pubblicità di Spike Jonze per esempio, da Kenzo alla Apple. Si tratta di un video girato da un autore che ha messo la sua impronta poetica nella vendita di un prodotto commerciale, un po’ come fanno gli artisti quando vendono la propria immagine.

Crediamo sia difficile tracciare un confine tra quello che è o non è arte.

Il vero confine per noi è la volontà dell’artista.

Marina Abramovic fa sempre un esempio divertente nei suoi talk: “un panettiere in una panetteria è un panettiere, un panettiere in un  museo è un artista”.

Sono comunque tutte definizioni che possono essere in qualche modo contestate, una cosa è certa è tutta colpa di Marcel Duchamp. Battute a parte personalmente crediamo che per uscire da questo minestrone sia necessario avere un minimo di “consapevolezza”, siamo sottoposti a milioni di immagini ogni giorno.

Il nostro compito è quello di manipolare questo calderone e rielaborarlo ognuno secondo la propria esperienza.

Uno degli obiettivi di Ibrida è anche quello di formare degli spettatori consapevoli e ci riempie sempre d’orgoglio vedere giovani leve guardare il mondo da un punto di vista diverso.”

Videoarte e video-sperimentazione: non sono sinonimi eppure spesso si intersecano e sovrappongono, almeno stando al vostro Festival: qual è il discrimine?

“Non c’è discrimine. Non c’è una regola ci sono solo giocatori.”

 Ibrida Festival, con questo nome e tale mission e struttura, esiste da tre anni: un primo di esordio, il secondo per una messa a punto e infine questo che è uno snodo importante che immagino suggerirà la strada che questa kermesse percorrerà in futuro. Come immaginate il Festival tra uno o più anni?

 “Speriamo di crescere sempre di più e di coinvolgere un numero crescente di pubblico. L’obiettivo è quello di oltrepassare i confini del festival proiettando in diversi luoghi con tanti ospiti. Un piccolo passo in questo senso lo abbiamo già fatto anche quest’anno con le proiezioni a Palazzo Romagnoli e in Biblioteca comunale che dureranno tutta la settimana dal 5 al 13 maggio a Forlì.”

Ibrida è cresciuto e quest’anno ha una serata in più – alla Fabbrica delle Candele – e una serie di eventi collaterali di pregio: non bastava ciò che avevate già testato con successo?

“Il nostro desiderio di spingerci oltre ci porta a farlo anche con il festival. Quindi ogni anno facciamo qualche cambiamento e vediamo di creare qualcosa di vivo, in continuo movimento.

Poi a nostro avviso, creare un festival è un’opera parecchio complessa ed è anche una messa in gioco alla pari di una nostra produzione audiovisiva, ma che richiede ancora più energia e volontà.”

Ibrida tratta e fa incontrare progetti e prodotti visivi coinvolgenti ma non sempre facili per tutti… non è come appendere un quadro a una parete o guardare un bel dipinto figurativo… Quanto pubblico contate? Come rispondono la città e i suoi amministratori? Le istituzioni vi supportano in qualche modo?

“Ci riteniamo molto fortunati, perché abbiamo trovato nella figura della nostra Assessora alla cultura Elisa Giovannetti una persona particolarmente sensibile ai linguaggi della video arte. Lei conoscendoci come artisti ci ha stimolati a intraprendere il cammino del festival che prima era un embrione molto piccolo.

Poi abbiamo anche dei sostegni da aziende e consorzi come Romagna Iniziative, ad esempio che ci supporta nella nostra avventura da due anni.

Ovviamente non parliamo un linguaggio facile, ma continuiamo a credere che la video arte sia accessibile a tutti coloro che si sento aperti a nuove conoscenze e il pubblico cresce anno dopo anno.

Poi,  diciamola tutta, alle volte basta semplicemente mettersi in una condizione di ascolto, per percepire ciò che ci circonda. Il mondo è sempre lo stesso, è il modo in cui lo osserviamo che cambia.”

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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