Margherita Sarfatti. Ascesa e caduta di una pioniera. Con le sue macchie

Margherita Sarfatti. Catalogo cover

Margherita Grassini Sarfatti fu una donna di rara cultura, di acuta intelligenza e indomita volontà, nonchè di ambizione incontenibile. Tra le non poche, ma ancora non abbastanza riscoperte, personalità femminili del XX secolo che contribuirono alla fondazione del mondo moderno, lei, nonostante il suo coinvolgimento con il Partito Fascista e direttamente e strettamente con Benito Mussolini, ebbe un’enorme capacità nel riconoscere i talenti artistici del suo tempo e raggiunse fama e autorevolezza tanto da restare nella grande Storia.

La sua, di storia, fu appannata dalla sua scomoda biografia – ebrea, nata nel ghetto di Venezia, amante del Duce, fascista e poi osteggiata dai suoi stessi protettori ed esule all’estero – ma la vide comunque brillare.

Fu in prima linea come intellettuale, mecenate e parte attiva nella definizione di un’estetica e un’arte colta di regime; nel bene (rilancio dell’eccellenza e tradizione italiane) e nel male (lontananza da uno stile e un linguaggio visivo sperimentali per via del suo Novecento con un ritorno all’ordine).

Fu accanto a Mussolini – che le scrisse 1272 lettere, che paiono oggi scomparse – e lo fu a lungo, da quell’incontro fatale del 1912 (nella redazione de “L’Avanti” in cui lei scriveva d’arte e lui era Redattore e prossimo Direttore, con il passaggio del testimone dalle mani di Claudio Treves), quando il giovane ambizioso era ancora socialista e anti-interventista.

La Sarfatti educò il rustico Benito all’arte, alla cultura e alla buona educazione di classe: furono inseparabili fino a che la Storia prese una direzione diversa e terribile e la Sarfatti fu costretta a fuggire in Argentina alla promulgazione delle orribili, empie Leggi razziali.

Insofferente verso le rigide regole sociali e le convenzioni che mortificavano le libertà individuali della donna, la Sarfatti ragazza era stata educata bene, alle lingue, alla cultura, con amici di famiglia e istitutori del calibro, tra i vari, di  Antonio Fredeletto, il fondatore della Biennale di Venezia. Presto si avvicina alla dottrina di Marx, studia Petr Kropotkin, si converte al socialismo, legge avidamente tutto quel che può.

Conosce a teatro un maturo avvocato ebreo, Cesare Sarfatti, con cui si sposerà appena diciottenne e avrà tre figli (Roberto, Amedeo e Fiammetta); la loro casa socialista di Milano, città elettrizzante per modernità e cosmopolitismo, è frequentata da poeti, scrittori, pittori e personalità di potere che erano affascinati da quella bella donna dalla carnagione chiara, capelli rossi e grandi occhi grigio-verdi che sprizzavano vitalità e arguzia.

Pochi potevano tenerle testa, intellettualmente parlando, tanto che riuscì in una professione solitamente in mano ai soli uomini: il giornalismo e la critica d’arte. Dal quel 1902 la sua cultura si nutre di un’ancor maggior libertà che la città favorisce, mentre cresce il suo impegno per le battaglie sociali e di rivendicazioni femminili.

Tutti la ossequiano e c’è un fertile scambio tra lei, il marito e Marinetti, Sant’Elia, Boccioni, Pirandello, Piacentini, Eleonora Duse e Marta Abba, e poi Carrà. Sironi, Funi, Carpi, Medardo Rosso, Arturo Martini… Viaggia, è a Parigi, scrive, milita, perde il figlio nel 1918 in guerra, è preda di profonda depressione, cerca di riprendersi dal dolore, reagisce e scrive.

Non sempre con lungimiranza: del Futurismo poco amava la plateale esuberanza dei suoi protagonisti, del Cubismo diffidava come di un fenomeno troppo lanciato verso un «incomposto» «nuovo». Sarà lei a traghettare il movimento Novecento (Milano, fine 1922) al successo (partecipazione alla Biennale di Venezia compresa) e, con esso, ad assunse un ruolo dominante e ancora una volta raro per una donna a quel tempo.

La sua stella, però, sta per spegnersi. La sua adesione al Fascismo — ratificata dal “Manifesto” del 1925 — vedrà l’ostilità e l’allontanamento di alcuni  suoi amici artisti mentre la sua indipendenza vedrà via via il distacco di Mussolini, egocentrico, impenitente donnaiolo, già rivolto a nuove e mai nascoste altre passioni amorose.

Nonostante l’enorme successo della biografia di Mussolini (in Inghilterra The life of Benito Mussolini, 1924, in Italia Dux, 1926) proprio l’ex amante, su insistenza anche di Galeazzo Ciano, della gelosa Edda, di Farinacci e Starace, le toglie pian piano incarichi, influenza e potere; lei, già vedova del marito (ché allora era uso mantenere le apparenze, ovvero: allo stesso tempo… capra e cavoli) –  siamo nel 1924 -, viaggia, fa conferenze sull’arte italiana, continua a sostenere Novecento – dal 1926 ribattezzato, eloquentemente Novecento Italiano continua a scrivere e a lavorare ma sempre con meno fortuna, condannata a sostituzioni, estromissioni, avvertendo il peso nero che sta per abbattersi su di lei, sull’Italia, sul mondo. E sugli ebrei come lei (data 1938 la promulgazione delle le leggi razziali), come la sua fotografa Ghitta Carell, anch’essa luce in declino, memoria dannata.

Racconterà, Margherita Sarfatti: della sua ascesa e della caduta, della fuga (a Parigi e poi nel Sudamerica); sarà tutto nero-su-bianco, nelle sue memorie: una sorta di autoanalisi e di autoaccusa, ripensando a quell’amore sbagliato, al suo impegno per costruire una parte fondamentale della cultura di regime che contribuì a imporre nella storia, quella più plumbea e drammatica.

Dal suo esilio all’estero tornerà in Italia  nel luglio 1947, grazie all’amnistia del Governo di Alcide De Gasperi, e si ritirerà nella tranquilla provincia di Como, in una grande casa che riempirà – ça va sans dire – di libri e di opere d’arte.

  • Una mostra su Margherita Sarfatti e l’arte in Italia tra le due guerre è in corso alla Galleria d’Arte Russo, a Roma, in via Alibert, 20
  • Fino al 31 0ttobre 2020
  • tel. 06.6789949 – info@galleriarusso.com – Ufficio Stampa: Scarlett Matassi –  info@scarlettmatassi.com – tel. 345.0825223
  • Mostra e catalogo a cura di Fabio Benzi; introduzione di Corrado Augias; testi critici di Fabio Benzi e Rachele Ferrario – Silvana Editoriale

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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