Social Network, la Rete, rappresentano una dimensione più massicciamente positiva e propositiva rispetto a quanto si creda e, soprattutto, si senta dire nei salotti televisivi, negli studi di sociologia e dagli esperti delle debolezze, quando non nefandezze, umane.
Ciò perché, pur con la grande presenza di derive negative che si percepiscono chiare e forti in questi contesti, tra volgarità, superficialità, vigliaccherie, leoni da tastiera, haters e veri e propri stalkeraggi, ebbene: in queste agorà ormai non più solo virtuali, ma assai reali si incontrano tante aree di decompressione piacevole, di pensieri intelligenti, di confronti virtuosi, informazioni ingegnose, persone degne e input forieri di altri input che, a catena, possono palesare progetti e produzioni creativamente e intellettualmente oneste, valide, utili, geniali…; spesso, o talvolta, rizomaticamente strutturate.
È questo il caso di Patrizia Di Costanzo, nota professionista a Roma – ma non solo a Roma –, donna dai tanti talenti e culturalmente generosa, architetto, docente, curatrice di mostre di settore, esperta di design e comunicazioni visive e, insomma, con un lungo e articolato curriculum in cui entrò anche la direzione di una rivista di Interior Design.
Su Facebook dal 2008, per caso e quasi forzatamente iscritta da un’amica, se ne appassiona solo dopo, individuando una modalità più adatta alle sue corde: meno esteriori, alla ricerca di analogie…; prima solo per se stessa, per comunicare, poi per condividere, dato che i suoi Post iniziano ad essere seguiti, commentati.
Di cosa si trattava e si tratta?
Seguendo la sua sensibilità e le sue attitudini, ha usato e usa il suo Profilo Fb per lasciare segnali tramite le materie che conosce e divulga, aggregando seguaci e persone che con lei interagiscono in modo similare per educazione e sapienza.
Da queste premesse nasce il gioco che l’ha vista postare, nel tempo, tante immagini prese in Internet e affiancate tra loro per affinità, giustapposizioni legate al colore, alla forma, ai materiali, al concetto partecipato, all’atmosfera d’appartenenza, per cui, ad esempio, una sedia di giovane designer è messa accanto ad un paesaggio, che a sua volta è in prossimità del dettaglio di una finestra, che è vicino a un frammento di abito d’alta moda, che si affianca al fermo immagine di un vecchio film, a cui fa eco una fotografia rinomata oppure anonima…; e così via: un oggetto da Compasso d’Oro è posizionato allo stesso livello di una scarpa Jimmy Choo, che ha a lato un bel quadro di arte contemporanea, che si lega a una grafica vintage, a uno zoom su un determinato libro, un tessuto, un meccanismo, una scultura, un occhiale, una collana, un’abitazione, un interno, un esterno, una mappa…; e ancora: tavolo, sedie e sgabelli, progettati dall’olandese Jacobus Johannes Pieter Oud – un punto di riferimento dell’autrice – si sposano a un estratto di Semiologia del messaggio oggettuale di Umberto Eco, a un quadro di Piet Mndrian, a un abito Pierre Cardin, a una copia di “Domus” d’annata, con Andy Warhol in copertina…
Ci dice:
“Sono immagini che mi hanno colpita, sono state da me archiviate e ritirate fuori in associazione con altre ancora per rendere percorsi emozionali che sono miei ma diventano anche di altri; si tratta di qualcosa che ognuno può recepire come sa e preferisce, aggiungendo a quel percorso il proprio, cioè modificandolo, personalizzandolo perché vi aggiunge la propria, di lettura, le proprie emozioni, magari…, contribuendo, su Fb, con altre immagini, con concetti, nuove poetiche… Come se io avessi attivato una piattaforma che a suo modo già c’era ma… silente, spenta: l’abbiamo solo messa in funzione…!”
La bellezza e il senso delle cose e sulle cose è per Patrizia importante, perché anche ciò significa “fare architettura”.

Nasce così un fantasioso viaggio tra immagini e immaginari che da Facebook – dove ha una cadenza giornaliera e uno sviluppo senza cattedraticità – si dipana nel tempo e si allarga, ad un certo punto – su vivace suggerimento di qualche sodale, tra cui Nicola Auciello –, al cartaceo e diventa un libro autoprodotto, quasi un diario basato sulle figure, con pochissimo testo, nessuna didascalia per far parlare solo le immagini e le associazioni visive; questa pubblicazione, pur volutamente scarna di scritti, ne accoglie qualcuno: sono le libere riflessioni di tanti amici (Angeletti Ruzza, Nicola Auciello, Enrico Baleari, Cecilia Bartùli, Giancarlo Cutello, Stefano Di Marco, Laura Einaudi, Simona Finessi, Luciano Galimberti, Antonia Marmo, Paolo Pallucco, Giuseppe Pasquali, Valentina Piscitelli, Enrico Prada, Cristina Senatore, Sandra Sudor, Aurora Viglione), professionisti legati a diverse discipline e aree specialistiche.
Dove vuole andare a parare, tutto ciò? Va verso la direzione indicata anche da Joseph Conrad, non a caso, citato anche dalla nostra autrice, che scriveva:
“Il compito delle immagini che mi spetta e che cerco di assolvere è di riuscire, col potere delle immagini, a farvi udire, a farvi sentire…”.
Patrizia Di Costanzo lo fa da par suo e ci fa percepire o ci conferma da una parte che anche nel socialnetworking, per convenzione virtuale e apparentemente leggero, si può portare, produrre e comunicare cultura, dall’altra che l’Architettura e il Design sono ovunque e alla portata di tutti poiché rappresentano un modo di essere, vedere, fruire, non solo di produrre o possedere…

Nella bella dedica del libro che mi ha gentilmente donato, Patrizia scrive: “ […] frammenti di linguaggi, giardino di immagini…” ed è questo che l’autrice ha prodotto, disseminando prodigalmente online e tipograficamente – a dire il vero, non in offset ma in digitale, come a intendere che tutto ha un carattere work-in-progress – il suo pensiero creativo che si è nutrito di tanti altri pensieri creativi e tanti altri ne genererà. Nel pieno rispetto della pratica seminale, partecipata, interattiva e sinergica della Rete. E della Cultura.
Credo sia uno scritto che è il contrario della verbosità sistematica (uno spreco di conoscenza) non pretende di essere il pensiero. Qui invece dei “pezzi” sconnessi della realtà contemporanea diventano di volta in volta indicazioni. Sono pensieri sul design a portata di mano, è ciò che occorre a chi ha molte cose da fare. Oggi è difficile leggere un libro di seguito, le ragioni sono varie, una delle più significative è che la rete ha accelerato la nostra disabitudine alla lettura lunga, alla concentrazione e a un’occupazione sola. Alla fine, quel che ci troviamo di fronte è un libro, la cui lettura risulta non meno utile che piacevole, perché parlando di design parla di molto altro e parlando di tutt’altro parla anche di design. Vale la pena ricordare, parafrasando Lawrence Durrell, che: “scrivere sul design consiste nel mettere un coperchio su una scatola priva di lati”.
Allora…
Mi piace molto