Elisabetta Catalano, fotografa di una generazione pionieristica, bellissima principessa per sempre

P. Pitagora nella Luna di F. Mauri-1970 by Elisabetta Catalano

Elisabetta Catalano, con la sua visione di un’epoca e di un’Italia “formidabile”, ci mancherà: come quel che ha rappresentato…
Interessante fotografa italiana, ci ha lasciati. Bellissima, forte e determinata, ha fotografato una generazione e più di divi e artisti.
Stava combattendo una malattia, “la” malattia del secolo, ma con coraggio e vitalità. 70 anni portati splendidamente, un po’ intristiti dalla crisi che Elisabetta lamentava perché, diceva, aveva duramente colpito anche il settore della “buona” Fotografia, aveva iniziato da autodidatta un’attività che la portò a collaborare con riviste e quotidiani tra cui “l’Espresso”, “il Mondo”, “Vogue”, il mitico “L’ Almanacco Letterario Bompiani” e, a New York e Parigi, per “Vogue America” e per l’edizione francese e inglese.

“Questa mia esperienza di ritrattista nel mondo della moda si è aggiunta ad un tipo di lavoro che facevo per l’Agenzia Studium, la mia prima agenzia di distribuzione stampa. Fotografavo personaggi della cultura, scrittori, attori, politici, artisti”.(da: http://www.artapartofculture.net/2012/03/23/elisabetta-catalano-la-bellissima-principessa-della-fotografia-lintervista-di-manuela-de-leonardis/).

Fermò nei suoi scatti una giovanissima, sensuale Stefania Sandrelli, un Helmut Berger mozzafiato, un’elegantissima Silvana Mangano, un’irrequieta Charlotte Rampling,una flessuosa Forinda Bolkan, una luminosa Virna Lisi (da poco dipartita anche lei: http://www.artapartofculture.net/2014/12/18/virna-lisi-che-con-quel-sorriso-pote-dire-quel-che-volle), Monica Vitti in più occasioni; Tina Aumont, Claudine Auger, più volte e più volte ancora Audrey Hepburn, anche nel suo appartamento romano…; il bel tenebroso Pierre Clementi colto in un’espressione fragile mentre carezza un gatto; Ira von Fürstenberg , Valentino...; e poi Maurizio Calvesi con gatto nero in braccio, i sodali della cultura Moravia, Pasolini, Laura Betti,  Umberto Eco, Goffredo Parise, Dacia Maraini; Arbasino in un inedito ritratto con occhiali e aria da duro e dannato… Nel 1975 molti li ritroviamo alla Malborough Gallery di Roma nella sua personale che ha per tema proprio il mondo della cultura, oltre che dello spettacolo.

Tra i ritratti celebri quelli di Federico Fellini.  La Catalano iniziò la sua attività di fotografa durante le riprese del suo film 8  1/2 (1963)  in cui interpreta la cognata del protagonista (Marcello Mastroianni): come altri artisti e giovani in quel periodo (tra i quali Renato Mambor, scomparso appena un mese fa: http://www.artapartofculture.net/2014/12/06/un-re-nato-tale-che-resta-in-altra-forma-renato-mambor-gli-anni-sessanta-oggi-e-domani/), anche lei si confronta con il Cinema lavorandoci, un po’ per caso, un po’ per arrotondare economicamente le sue entrate, un po’ per la seduzione che questo mondo esercitava su di lei e su molti della sua generazione… Non abbastanza, però… La Fotografia avrà la meglio. Elisabetta scatta, scatta, scatta: inizialmente con la macchina del padre. Fellini la nota, apprezza il suo lavoro; la chiamerà a raccontare altre sue pellicole tra le quali Prova d’orchestra (1978) e La voce della Luna (1990). Alcune foto saranno pubblicate su “L’Espresso” e su “Il Mondo”.

Al contempo, la giovane Elisabetta immortala artisti amici come Mario Schifano, Franco Angeli, Tano Festa, Cesare Tacchi, Mambor, Titina Maselli,  Mario Merz, Marisa Merz, Pino Pascali, Mario Ceroli, Alighiero Boetti; Andy Warhol con la Vitti e la Maraini; Achille Bonito Oliva, Graziella Lonardi Buontempo, Vettor Pisani, Fabio Mauri, Piero Sartogo nel 1970 a Vitalità del Negativo, straordinaria mostra al Palazzo delle Esposizioni. Molti saranno nella sua prima personale, nel 1973 alla Galleria il Cortile di Roma e alla Galleria Milano di Milano, intitolata Uomini 1973 che mostra esclusivamente ritratti di artisti maschi. E poi ecco, ancora, Joseph Beuys, Joseph Kosuth; e Gilbert & George, che, lei stessa racconta:

 improvvisarono per me, che li stavo fotografando, una specie di performance, imitando le posizioni nei disegni. Questa sorta di doppio ha creato una sequenza molto interessante che penso resti uno dei miei lavori più belli” (dall’intervisa cit.).

Alcune sue foto sono usate dagli stessi artisti ritratti per loro opere: Tacchi, Mimmo Rotella, Maurizio Mochetti, Michelangelo Pistoletto; Gino De Dominicis (il ritratto esposto nella pionieristica mostra Contemporanea, del 1973, con sotto una scritta che è una frase concettuale: “Gino De Dominicis è nato nel 1947, ma non esiste veramente, essendo solo uno strumento della natura che verifica attraverso di lui alcune proprie possibilità”), Pisani (Lo scorrevole, 1972), Fabio Mauri (Ebrea e Ideologia e natura, 1971 e 1973)…

Ferma l’attrice e modella Talitha Getty languida e svestita, icona fashion lontana, ancora, dalla sua drammatica fine, allungata su un divano davanti a un suo ritratto degli argenti di Giosetta Fioroni e riporta entrambe, in un gioco di rimandi, mentre la seconda fotografa la prima sotto la stessa opera.

Le pose che predilige sono semplici, essenziali; spesso il soggetto è a mezzo busto, rilassato, seduto; la composizione è elegante e il fondale è neutro e soffuso, a meno di esterni (al caffè Rosati, per esempio) o di interni nello studio degli artisti al lavoro (Tacchi nel ’68, Mauri nel ’70; la Accardi al tavolo a disegnare; Paladino nell’86) o alle mostre (Giorgio Franchetti, Achille Bonito Oliva, Enrico Castellani, Gino Marotta, nell’installazione di Castellani al Palazzo delle Esposizioni, 1972).

Tutto è ricercato e rifinitissimo. Lei, del resto, è una perfezionista. Anche la luce è calibratissima: definisce i volti, i corpi, senza drammaticità né forzatura alcuna. Equilibrio e garbo sono aggettivi calzanti per le sue immagini dove la personalità dei protagonisti è centrale e centrata. La pratica del Remove background noise le appartiene e avvolge lo spectrum, per dirla alla Roland Barthes [1].

Una serie di foto in particolare rivela la sua capacità di rivolgere il suo sguardo peculiare – spesso benevolo, sempre partecipe -sui soggetti, svelando qualcosa di intimo che ad altri sfugge: per esempio palesa Paola Pitagora, attrice e fidanzata, allora, di Renato Mambor, a cui sarà legata da un’amicizia duratura negli anni, e partecipe della scena creativa di allora, che condivide con gli artisti romani. E’ strepitosa nella sua vibrante, libera nudità: ma la Catalano ne dà un’evidenza per nulla ammiccante. Paola è stesa e semicoperta dalle palline di polistirolo de La Luna, l’opera-ambiente di Fabio Mauri, compagno di vita di Elisabetta (da quando lei era appena 18enne e per sedici anni) e poi sino alla fine riferimento e alleato non solo in arte. La collaborazione professionale tra i due inizia, ai primi degli anni Sessanta, nello studio di via dell’Oca, ove si incontrano, come in una sorta di cenacolo culturale, amici pittori e intellettuali che orbitavano in quella Roma del Tridente e di Piazza del Popolo dove si alimentò una straordinaria sperimentazione visiva di un decennio e più e si riunì una cosiddetta Scuola, che scuola non fu mai… Si produsse una rivoluzione che mirò a superare l’arte dei padri, quella espressionistica, del gesto, materica, del corpo-a-corpo con la pittura, piena di quel pathos originato nel dopoguerra e portato nella ricostruzione; gli indomiti crearono, così, qualcosa di altro: una “eliminazione dell’io dal quadro” per fare “tabula rasa” e formulare ricerche differenti che, spesso, avevano una parentela proprio con l’immagine riportata. La Fotografia, come ha individuato sagacemente e precocemente più volte anche Cesare Vivaldi (in: Pino Pascali, in Decennale del Premio Termoli, Palazzo del Comune, Termoli, agosto 1965), è il minimo comun denominatore della giovane produzione artistica di quegli anni, specialmente nella pittura romana.

Mauri commissionò alla giovanissima fotografa la documentazione dei suoi  Schermi serie di opere in cui “Fabio Mauri fornisce la sua peculiare e avanzatissima versione del monocromo, forma estrema di azzeramento della pittura tipica di quegli anni, ma dall’artista declinata come spazio virtuale capace di ospitare ogni sorta di immagini e coniugata con il riferimento al cinema e alle proiezioni della mente. Elisabetta Catalano fotografa gli schermi allineati a terra. È questa la prima fase, quasi una preistoria, di una collaborazione che darà risultati di grande efficacia e bellezza in una serie di immagini fortemente iconiche.” [2].

Per la Catalano, come ebbi modo di scrivere, “la fotografia diviene mezzo per raccontare lucidamente la società in cui viviamo, di cui ha immortalato politici, artisti, poeti, letterati, registi o calciatori; tutti sfilano di fronte al suo obiettivo, spogliati dei simboli del loro mestiere e colti nella familiarità delle espressioni e nell’essenzialità della loro intimità” [3].

Questa donna gracile e spesso pallida, signorile, inizialmente sempre un po’ reticente e solitamente spigolosa ha serbato in realtà complessità e profondità interiore, di vita e professionale che i fortunati hanno condiviso e che si rileva e rivela nella sua galleria di immagini; sono foto intense, importanti, quasi tutte in bianco-e-nero, con un’allure che la loro storia diffonde e che anche la Catalano emanava. “Bellissima principessa”, come Fellini la ribattezzò…

Note

1.  Barthes, Roland, La Chambre claire. Note sur la photographie, Paris, Gallimard, 1980

2.  Cherubini, Laura (a cura di), Work with Fabio Mauri, Elisabetta Catalano, San Marino, Christian Maretti Editore, 2013

3.  Martusciello, Barbara, La verità è nuda; ma sotto la pelle giace l’anatomia, # 1 e # 2, brochure mostra, a cura di B. Martusciello e con takeawaygallery, Roma, 2012

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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